LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D'ACQUA
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LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE
D'ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO
MECCANICO
L’ACQUEDOTTO DI PORDENONE
di Marcello MENEGHIN
Negli anni 70 l'autore di queste note ha collaborato alla progettazione,
costruzione ex novo e messa in servizio attivo dell'acquedotto della città di
Pordenone appena diventata capoluogo di provincia e precedentemente alimentata
d'acqua potabile casa per casa tramite pozzi artesiani privati. Pur trattandosi
di un rifornimento idropotabile le cui caratteristiche contrastano con i
concetti di base propugnati nel sito http://altratecnica.it oppure , si ritiene ugualmente di descriverlo in
quanto costituisce un valido esempio di acquedotto concepito in funzione del
territorio da servire. Alla fine del capitolo si formulerà comunque una ipotesi
di soluzione conforme ai nuovi principi constatandone, anche in questo caso, la
validità.
Non sono in possesso di chi scrive documenti e dati ufficiali per
cui la descrizione delle opere dovrà necessariamente far affidamento solo sulla
memoria. Anche in questo caso, gli elementi che saranno indicati potranno
differire o essere carenti rispetto alla realtà, saranno comunque
sufficientemente rappresentati i concetti informatori degli impianti e si potrà
quindi recepirne la validità tecnica.
Innanzitutto è da ricordare una delle regole che alla citata epoca
di redazione del progetto era considerata essenziale nella costituzione degli
acquedotti e cioè la presenza di una o più vasche di carico della rete di
distribuzione. Nel corso dei vari articoli del sito citato si è invece
dimostrato come sia da privilegiare non già la pressione di partenza degli
acquedotti che la vasca di carico impone bensì quella finale di arrivo
dell'acqua al domicilio all'utente.
Ferma restando la regola citata, i problemi da risolvere al momento
della progettazione erano essenzialmente due.
In primo luogo occorreva garantire una piezometrica sempre parallela
ad un suolo come quello del capoluogo di Pordenone caratterizzato da una
notevole pendenza longitudinale della sua parte nord e da un'ampia area
pianeggiante o con poca pendenza di quella posta a sud. In secondo luogo era
giocoforza razionalizzare la captazione e sollevamento dell'acqua avendo fissato,
per motivi di sicurezza, la costruzione di due opere di presa e sollevamento
differenziate ed ubicate rispettivamente in località Comina dove la falda, assai
ricca, si trovava ad una profondità di circa 50 metri sotto il suolo con
risalienza limitata ad una ventina di metri sotto il terreno ed in località
Torre dove l'acqua della falda, anch'essa posta a 50 metri sotto il suolo, era
artesiana ma con una risalienza naturale fin sopra il terreno.
La soluzione progettuale allora definita e poi realizzata è
rappresentata schematicamente nell'allegato profilo della fig.1 e può essere
così descritta.
L'opera di presa di Comina, posta a nord cioè nella parte superiore
del territorio, comprende un pozzo a raggiera tipo Fehlmann con una canna
verticale in cemento armato del diametro di tre metri, profonda 55 m e con due
raggiere orizzontali poste nella falda ghiaiosa a circa 50 m di profondità.
Entro il pozzo sono installate le pompe di sollevamento ad asse verticale con
motore elettrico posto in alto e linea d'asse lunga una trentina di metri che
aziona il corpo pompa immerso in falda a quota 30 m sotto il suolo. Le pompe
immettono direttamente l'acqua a 50 m sopra il piano campagna nell'adiacente
serbatoio pensile da 3000 mc da cui si diparte la rete di distribuzione. Questa
soluzione, se da una parte avrebbe assicurato un buon rendimento
elettromeccanico di pompaggio che risulta limitato ad una singola breve condotta
di mandata, dall'altra faceva nascere il grosso problema della compensazione
delle portate in quanto il locale serbatoio pensile, pur rappresentando nel suo
genere un'opera eccezionalmente capiente, non avrebbe potuto che effettuare una
modesta compensazione nel mentre la sua posizione sopraelevata si prestava bene
a costituire una utilissima capacità di riserva a tutela dei disservizi
dell'intero territorio pordenonese. La creazione a terra di un capace serbatoio
di compensazione giornaliera delle portate è stata scartata a priori in quanto
avrebbe comportato un doppio pompaggio con evidenti maggiori costi di
costruzione e di esercizio.
D'altro canto non si poteva pensare che, non avendo a disposizione
una sufficiente capacità di accumulo, si dovesse far lavorare il pozzo con
portate continuamente variabili durante le 24 ore della giornata tipo, essendo
invece consigliato un prelievo il più possibile costante e privo di picchi che
rappresenta la condizione ideale di sfruttamento della falda artesiana e di
sollevamento a mezzo pompe.
Anche in questa occasione un attento esame della situazione locale
ha messo in luce delle possibilità veramente interessanti. In dettaglio la
risalienza della falda sud ( zona Torre ) che assicurava l'immissione naturale
dell'acqua, cioè senza bisogno di pompe, in un grande serbatoio seminterrato, ha
consigliato di concentrarvi il volume di compenso di tutta l'utenza e quindi
anche quello dell'area nord ( Comina ) nel mentre una particolare costituzione
della rete di distribuzione assicurava, come vedremo, per l'impianto di Comina
una portata pressoché costante durante le 24 ore della giornata ovviando quindi
alla nominata carenza di invaso. Rimaneva compito dell'altro impianto (Torre),
immettere in rete, sfruttando in questo caso la notevole capacità del suo
serbatoio, una portata variabilissima durante le 24 ore della giornata e quindi
atta a coprire l'intera escursione della richiesta idrica di tutta l'utenza
pordenonese.
FIGURA 1 = PROFILO SCHEMATICO DELL'ACQUEDOTTO DI PORDENONE
Nella figura 1 allegata figurano
schematicamente l'andamento del suolo, i due impianti di captazione e
sollevamento ed infine la rete di distribuzione caratterizzata da un'area
centrale indicata nel disegno come "area urbana ad alimentazione alterna" in
quanto alimentata alternativamente dall'uno o dall'altro dei due impianti di
produzione descritti. Infatti la rete, pur essendo di tipo unitario per tutta
l'area urbana, risulta suddivisa in due parti differenziate per tipo di
alimentazione e per dimensioni delle tubazioni stradali da una linea di confine
che presenta la caratteristica di regredire verso monte e quindi ridurre
notevolmente l'area servita da Comina man mano che aumenta la richiesta idrica e
di contro crescere verso valle al verificarsi di basse portate. In pratica
durante la giornata, quando sono richiesti grandi quantitativi idrici, la gran
parte del capoluogo di Pordenone è alimentato dall'impianto inferiore di Torre
nel mentre durante la notte è l'altro impianto ubicato a Comina a rifornire la
quasi totalità dell'utenza.
Allo scopo le condotte della rete bassa hanno diametri maggiorati ed esplicano
quindi un'azione stabilizzatrice della linea piezometrica nel mentre quelle
della zona nord alimentata da Comina sono di diametro relativamente piccolo e, a
causa della notevole perdita di carico che ne deriva, non possono far fronte ai
consumi più rilevanti che, come già detto, sono in gran parte soddisfatti da
Torre. Si è potuti giungere a tale risultato progettuale per approssimazioni
successive tramite una lunga serie di calcoli di verifica teorica che hanno
portato anche all'altro interessante risultato di una buona equivalenza tra i
volumi che giornalmente i due impianti producono e immettono in rete e dovuta al
fatto che per Torre è determinante soprattutto la portata diurna mentre per
Comina è il volume prodotto di notte a consentire detta equiparazione, fermo
restando che eventuali discrepanze possono essere via via corrette modificando
la regolazione delle valvole di cui si tratta nel seguente capoverso. Ovviamente
il tutto rappresentava soltanto la soluzione teorica del problema nel mentre ben
diverse potevano essere le condizioni reali di esercizio e ben diversi i
risultati della gestione effettiva degli impianti. Si è quindi deciso di dare
all'acquedotto l'elasticità di funzionamento necessaria perché potesse adeguarsi
ad ogni evenienza anche diversa da quelle ipotizzate, maggiorando alcune
condotte della zona nord e munendole di valvole che consentano una regolazione
fine della pressione.l risultato finale è stato quello di una rete avente le
seguenti caratteristiche generali.
1. Una doppia alimentazione che
dia la massima sicurezza di esercizio e costituita da:
- Un impianto di produzione a nord (Comina) atto a produrre e sollevare una
portata abbastanza costante nelle 24 ore della giornata tipo e per un volume
giornaliero all'incirca corrispondente alla metà della richiesta totale
giornaliera. Il serbatoio pensile da 3000 mc rimane a guardia dell'intero
territorio posto ai suoi piedi costituendo una riserva pronta ad entrare in rete
in caso di disservizi vari;
- Un impianto di produzione a sud composto da pozzi a risalienza naturale che
alimentano un serbatoio di compensazione di grande capacità atto ad
immagazzinare di notte ed a restituire di giorno tutta l'acqua necessaria per
coprire le punte di consumo di tutta la città, effettuando la compensazione
giornaliera atta a garantire che da ambedue le fonti possa essere captata
costantemente la sola portata media giornaliera.
2. Una rete di distribuzione
con una piezometrica sempre parallela al suolo e con una pressione sul suolo
corretta.
3. La possibilità di
regolare l'intervento dei due impianti di produzione e sollevamento tramite
manovra delle valvole.
Alla data attuale chi scrive queste note non è al corrente della situazione
corrente dell'acquedotto di Pordenone essendo la descrizione su riportata
relativa all'epoca della sua costruzione. Come tale essa rappresenta un valido
esempio di progettazione e realizzazione di un complesso acquedottistico
importante ed di cui si ritiene utile conservare la documentazione. Sicuramente
una progettazione moderna ne differirebbe notevolmente potendo, ad esempio,
consistere nel mantenimento degli stessi concetti base delle opere descritte
sopra fatta salva la eliminazione oppure una diversa utilizzazione dei pensili
come ad esempio quella raccomandata in uno specifico articolo del sito citato
prima e l'adozione sistematica del pompaggio diretto in rete tramite mecchine a
velocità variabile asservite alla pressione di arrivo rilevata presso l'utenza e
trasmessa in tempo reale secondo le indicazioni riportate nei vari capitoli di
questo lavoro, il tutto integrato da alcune valvole di rete telecomandate ed
atte ad una regolazione fine delle pressioni. Una soluzione del genere darebbe
agli impianti una maggiore elasticità di funzionamento, una economia di
pompaggio dato dalla minor prevalenza delle pompe, una pressione sul suolo
regolata ora per ora in base ai consumi ed infine minori perdite occulte a
seguito della diminuzione della pressione notturna attuabile in vaste zone
confermando, anche in questo esempio, la validità delle soluzioni
tecnico-economiche raccomandate in vari articoli.
FIGURA 2 =
SERBATOIO COMINA
Ulteriori informazioni sulla tecnica
acquedottistica possono essere letti su http://altratecnica.it
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