FESSURE DOVUTE AL RITIRO
IGROMETRICO
Il ritiro igrometrico è una contrazione di volume che si verifica nel
calcestruzzo, durante l’indurimento, causata dalla perdita di umidità verso un
ambiente insaturo.
Se il ritiro igrometrico potesse avvenire liberamente, senza alcun vincolo, non
rappresenterebbe alcun problema per la maggior parte degli elementi strutturali
in conglomerato cementizio.
Purtroppo, a causa della presenza di vincoli interni ed esterni (interazione con
l’armatura metallica di rinforzo, collegamento con altre parti della struttura,
attrito con il sottofondo per le lastre su terreno, etc ...) la contrazione da
ritiro è parzialmente o totalmente ostacolata e trasformata in una
sollecitazione di trazione.
Dal momento che, come è noto, in calcestruzzo è un materiale scarsamente
resistente trazione, le sollecitazioni di trazione prodotte dal ritiro
igrometrico impedito superano facilmente la resistenza a trazione del materiale,
determinando la formazione di fessure.
Le fessure prodotte dal ritiro igrometrico rappresentano uno dei principali
problemi che interessano le strutture in cemento armato in quanto sono spesso
causa di precoce degrado, perdita di funzionalità o, semplicemente, difetto
estetico.
Infatti, le fessure costituiscono una facile via di accesso all’interno della
struttura per agenti aggressivi come l’anidride carbonica e i cloruri che
possono così promuovere una rapida corrosione delle armature metalliche pur in
presenza di un calcestruzzo impermeabile in quanto caratterizzato da un basso
rapporto a/c.
Le fessure dovute al ritiro igrometrico, inoltre, possono compromettere la
funzionalità delle pavimentazioni in calcestruzzo sottoposte ad intenso traffico
veicolare oppure di strutture marine o di contenimento di liquidi cui viene
richiesta una perfetta tenuta all’acqua.
Infine, le fessure possono costituire un problema anche nel caso di elementi
architettonici non esposti ad ambienti particolarmente aggressivi in quanto ne
compromettono, in genere, l’aspetto estetico.
CALCESTRUZZI A RITIRO
COMPENSATO
Probabilmente l’impiego di calcestruzzi a ritiro compensato è il metodo più
efficace per eliminare o, almeno, minimizzare la formazione di fessure dovute al
ritiro igrometrico nelle strutture in cemento armato.
Questa tecnica si basa su un’espansione volumetrica che viene indotta nel
calcestruzzo, mediante una reazione chimica tra un agente espansivo e l’acqua.
Normalmente l’espansione indotta chimicamente si verifica durante i primi 2-7
giorni di vita del calcestruzzo per cui essa si sviluppa e termina molto più
rapidamente delle contrazioni causate dalla perdita di umidità. Per questo
motivo, affinché tale espansione iniziale possa essere vantaggiosamente
utilizzata per compensare le contrazioni dovute al successivo ritiro igrometrico,
essa deve essere adeguatamente contrastata e trasformata in una coazione di
compressione che, nel tempo, compensa le trazioni prodotte dal ritiro
igrometrico impedito.
Il vincolo più efficace per contrastare l’espansione iniziale è rappresentato
dalle armature metalliche normalmente presenti nelle strutture in cemento armato.
In genere la percentuale di armatura necessaria ai fini statici è più che
sufficiente a garantire un efficace contrasto per l’espansione. Si deve, però,
porre una cura aggiuntiva nel posizionare tali armature all’interno della
sezione in modo tale da garantire un contrasto il più possibile uniforme nei
confronti dell’espansione.
Il comportamento espansivo di un calcestruzzo a ritiro compensato viene valutato
in base alla norma UNI 8148 [1] mediante misura della variazione di lunghezza di
un tondino d’acciaio annegato in un provino prismatico confezionato con il
conglomerato espansivo, scasserato al termine della presa (circa 6-8 ore dopo il
confezionamento) e mantenuto in particolari condizioni di stagionatura. Sulle
modalità di stagionatura previste dalla norma si tornerà successivamente.
Non sono disponibili documenti normativi o raccomandazioni nazionali o europee a
riguardo della progettazione di elementi strutturali e non strutturali
realizzati con calcestruzzo a ritiro compensato. Tale argomento, però, viene
approfonditamente trattato nel report dell’ACI (American Concrete Institute)
numero 223-98 [2]. Secondo questo documento il progetto di strutture in
calcestruzzo a ritiro compensato deve includere i seguenti quattro step:
a) Stima del ritiro igrometrico
dell’elemento strutturale. La stima del ritiro libero finale dell’elemento
strutturale (in assenza dell’espansione iniziale) deve essere eseguita prendendo
in considerazione l’influenza delle caratteristiche del calcestruzzo impiegato (privato
dell’agente espansivo), dell’umidità relativa media dell’ambiente di esposizione,
delle dimensioni dell’elemento e della percentuale di armatura metallica. Allo
scopo possono essere utilizzate formulazioni presenti nella letteratura tecnica
[3] o tratte da documenti normativi come, ad esempio, la UNI EN 1992-1-1 (EC2)
all’Appendice B o il D.M. 14/01/08 al par. 11.2.10.6.
b) Scelta dell’espansione
necessaria. Al fine di garantire l’assenza di formazione di fessure da
ritiro igrometrico, è opportuno che l’espansione indotta inizialmente
nell’elemento strutturale sia maggiore o, al limite uguale al ritiro igrometrico
finale atteso per quel dato elemento strutturale. In realtà, un’espansione
iniziale inferiore al valore del ritiro finale è in genere sufficiente a
garantire l’assenza di fessure da ritiro igrometrico a patto che le
sollecitazioni di trazione che si sviluppano una volta che le contrazioni da
ritiro superano in valore assoluto l’espansione iniziale siano inferiori alla
resistenza a trazione del materiale. Si fa notare, però, che esistono, nelle
strutture in cemento armato, ulteriori fenomeni che possono provocare sviluppo
di sollecitazioni di trazione nel calcestruzzo le quali, sommate a quelle
prodotte dal ritiro igrometrico, potrebbero comunque innescare la formazione di
fessure. Ci si riferisce, in particolare, alle contrazioni prodotte da
abbassamenti della temperatura ambientale. Altra fonte di possibili fessurazioni
sono le coazioni residue che si producono nelle strutture in conglomerato
cementizio per effetto dell’iniziale riscaldamento dovuto allo sviluppo del
calore di idratazione del cemento e del successivo raffreddamento. Siccome il
riscaldamento iniziale e il successivo raffreddamento avvengono in una fase in
cui il modulo elastico del calcestruzzo cresce molto velocemente, ad un bilancio
sostanzialmente nullo delle deformazioni (dilatazione iniziale nella fase di
riscaldamento e contrazione successiva, nella fase di raffreddamento) non
corrisponde un bilancio altrettanto nullo delle tensioni con formazione, più
precisamente, di coazioni di trazione residuali dovute al fatto che, nella fase
di raffreddamento, il materiale è più rigido che in quella iniziale di
dilatazione termica. Per quanto sopra, se si vuole avere la ragionevole certezza
di eliminare la formazione di fessure, è necessario che la somma in valore
assoluto della sollecitazione di compressione iniziale e della resistenza a
trazione del materiale (a maturazione ultimata) sia maggiore della somma delle
coazioni di trazione che possono innescarsi nell’elemento strutturale per
effetto dei fenomeni sopra descritti.
c) Stima dell’espansione
necessaria nella prova secondo UNI 8148: L’espansione effettiva che si
produce nell’elemento strutturale è diversa da quella misurata nei provini
prismatici confezionati secondo la norma UNI 8148. la principale differenza è
dovuta alla diversa percentuale di armatura metallica presente nel provino
rispetto alla struttura reale. Il grafico riportato in Fig. 1, tratto dal già
citato report ACI 223-98 e basato su dati pubblicati da Russell nel 1973, mette
in relazione l’espansione effettiva che avviene nell’elemento strutturale (e che
deve compensare il ritiro atteso nello stesso secondo quanto detto in precedenza)
con l’espansione misurata nei provi i prismatici testati secondo la UNI 8148 al
variare della percentuale geometrica di armatura metallica nel primo. In questo
modo è possibile valutare qual è l’espansione minima che dovrà essere ottenuta
nei test eseguiti nella fase di pre-qualifica del calcestruzzo a ritiro
compensato secondo la UNI 8148.
d) Proporzionamento del
calcestruzzo: In questa fase si definisce la quantità di agente espansivo
necessario, per tentativi o sulla base di precedenti risultati sperimentali, per
ottenere l’espansione richiesta e vengono eseguiti i test di espansione
contrastata secondo la più volte citata UNI 8148 in modo da verificare
l’esattezza del proporzionamento eseguito.
Ancorché l’espansione iniziale induca una sollecitazione di trazione nelle
armature metalliche, non è, in genere, necessario eseguire una verifica statica
dello stato tensionale indotto in quanto esso è sicuramente inferiore alle
tensioni ammissibili per il materiale se vengono rispettati i valori minimi di
armatura previsti negli eurocodici e nella normativa nazionale. Inoltre non è,
in genere, richiesta una verifica dello stato tensionale prodotto nelle armature
metalliche dalla combinazione degli effetti prodotti dai carichi esterni e
dall’espansione iniziale, in quanto, come è noto, le sollecitazioni prodotte
inizialmente dall’espansione sono destinate ad attenuarsi rapidamente e a
diventare non significative prima che si possa ipotizzare una messa in carico ai
massimi carichi di esercizio della struttura. In caso, però, siano previste
significative sollecitazioni nella struttura nei primi giorni di vita, quando è
verosimile che l’espansione residua nel calcestruzzo sia ancora importante,
occorrerò eseguire le verifiche statiche nei confronti dei suddetti carichi
combinando lo stato di sollecitazione prodotto dai carichi con quello prodotto
dalla coazione espansiva. Questo è vero sia per le armature metalliche che per
il calcestruzzo. Nel caso di quest’ultimo, la sollecitazione di compressione
prodotta dall’espansione contrastata può essere agevolmente calcolata mediante
considerazioni di congruenza o facendo riferimento al grafico di Fig. 3
anch’esso tratto dal ACI 223-98.
I calcestruzzi a ritiro compensato possono essere realizzati, alternativamente,
impiegando speciali cementi espansivi in luogo dei cementi ordinari classificati,
in Europa, dalla EN 197/1, oppure aggiungendo degli agenti espansivi a
calcestruzzi confezionati con cementi ordinari.
Il primo tipo di tecnologia è molto diffuso negli Stati Uniti ed è, anzi,
l’unico contemplato dal documento ACI 223-98. Il secondo tipo di tecnologia è,
invece, più diffuso in Europa dove non esistono norme che regolano la produzione
di cementi espansivi e dove l’impiego di cementi speciali, non rispondenti alle
caratteristiche composizionali e prestazionali definite nella EN 197/1 per opere
strutturali non è, di fatto, ammesso.
CEMENTI ESPANSIVI
Il primo cemento espansivo venne sviluppato, contemporaneamente, in Russia e in
Francia. In particolare, agli inizi degli anni ’40, Lossier mise a punto un
cemento espansivo miscelando un cemento Portland ordinario con un agente
espansivo a base di solfato di calcio e alluminati di calcio e con uno
stabilizzatore consistente in loppa d’altoforno. L’espansione del sistema era
assicurata dalla reazione tra il solfato di calcio, gli alluminati di calcio e
l’acqua per produrre ettringite.
L’ettringite è una sostanza nota nella tecnologia del calcestruzzo in quanto è
spesso collegata a severe forme di degrado (per attacco solfatico) che avvengono
nel calcestruzzo proprio per la notevole espansione che ne accompagna la
formazione. Il degrado del calcestruzzo dovuto ai solfati può verificarsi per attacco
solfatico esterno (ESA), quando
il manufatto cementizio è a contatto con un ambiente esterno (acque o terreni)
ricco di solfati, o per attacco
solfatico interno(ISA) quando il solfato è presente sottoforma di impurità
nelle materie prime (in particolare negli aggregati) o come conseguenza di
particolari trattamenti termici [1]. In entrambi i casi il degrado avviene in
quanto la reazione espansiva dovuta alla formazione di ettringite non avviene in
maniera omogenea in tutto il volume di calcestruzzo ma è localizzata solo in
corrispondenza delle zone dove è penetrato lo ione solfato (ESA) o dove è
presente l’impurità. Si verificano, quindi, delle coazioni interne dovute
all’espansione eterogenea che portano alla formazione di fessure e/o distacchi.
Nel cemento espansivo messo a punto da Lossier (e in tutti quelli analoghi,
sviluppati successivamente che sfruttano la formazione di ettringite come
sistema espansivo) se si prendono le dovute precauzioni in merito ai vincoli
interni ed esterni presenti nella struttura, non si verificano situazioni di
degrado in quanto l’espansione è distribuita omogeneamente nel volume di
calcestruzzo ed è “controllata”, ossia, l’aumento di volume è ottimizzato in
modo da non creare eccessive coazioni.
Nel caso specifico del cemento Lossier, il “controllo” della reazione veniva
effettuato dalla loppa d’altoforno che si sostituiva gradualmente agli
alluminati di calcio nella combinazione con il solfato, ponendo un limite
all’espansione.
Altri cementi espansivi vennero messi a punto negli anni successivi, tutti
basati su una produzione controllata di ettringite.
La norma Americana ASTM C845-90 and ACI 223-98 classifica i cementi espansivi
attualmente disponibili in commercio prevedendone i seguenti tre differenti
tipi:
1) cemento tipo K (cemento Klein), contenente “solfo-alluminato tetracalcico” (C4A3)1 ,
solfato di calcio (C)1 and
ossido di calcio libero (C)1;
2) cemento tipo M, prodotto miscelando cemento Portland con alluminati di calcio
(CA)1 e (C7A12)1;
3) cemento tipo S, che contiene un eccesso di alluminato tricalcico (C3A)1 e
solfato di calcio (CS)1 rispetto
ai quantitativi normalmente contenuti nel cemento Portland e in quelli di
miscela.
Tra i cementi espansivi sopra elencati, il più diffuso è il tipo K che può
essere alternativamente prodotto co-macinando cemento Portland ordinario con un
agente espansivo prodotto separatamente, ovvero, mescolando opportunamente le
materie prime da inserire nel forno in modo da ottenere direttamente un clinker
espansivo. In entrambi i casi, la reazione espansiva può essere rappresentata
come segue*:
C4A3+6C+8C+96H
→ 3(C3A•3C•32H)
(1)
*Notazione
contratta della chimica del cemento dove: C = CaO, A = Al2O3,
S = SiO2, H = H2O e=
SO3
La reazione espansiva inizia non appena si verifica il contatto tra acqua e
cemento ma impiega da 3 a 7 giorni per esaurirsi. Questa relativa “lentezza”
della reazione che porta alla formazione di ettringite, assicura che la maggior
parte dell’espansione si esplichi quando il calcestruzzo ha raggiunto un grado
di indurimento sufficiente ad aderire alle barre di armatura determinando un
adeguato contrasto nei confronti dell’espansione stessa.
D’altro canto, dal momento che la formazione di ettringite richiede un elevato
quantitativo di acqua (sono necessarie 32 molecole d’acqua per ogni molecola di
ettringite che si forma) perché venga raggiunto il livello di espansione
potenziale pianificato, è necessario assicurare alla struttura un’adeguata
stagionatura umida per almeno 7 giorni.
Oltre alla durata del trattamento di stagionatura, ai fini del raggiungimento
dell’espansione potenziale, è fondamentale anche il tipo di sistema impiegato.
La Fig. 3, tratta dall’ACI 223-98, mostra l’effetto di vari metodi di
stagionatura sull’espansione effettivamente ottenuta in strutture realizzate con
calcestruzzi a ritiro compensato a base di cementi espansivi di natura
ettringitica. Come si può notare, l’aspersione continua di acqua sulla
superficie o la protezione della stessa con teli mantenuti umidi (wet burlap)
sono sistemi preferibili in quanto assicurano apporto di acqua dall’esterno che
contribuisce alla reazione per la formazione di ettringite. Altri metodi di
curing come quelli che prevedono la semplice protezione con teli impermeabili,
ma senza aggiunta di acqua dall’esterno, possono causare una riduzione
dell’espansione iniziale fino al 50% rispetto a quella ottenuta con i metodi che
assicurano apporto di acqua dall’esterno al calcestruzzo.
Membrane antievaporanti ottenute spruzzando cere o resine (curing compound)
sulla superficie del getto possono risultate totalmente inefficaci se non
forniscono una copertura completa di tutta la superficie e non prevengono
l’evaporazione di acqua per almeno 7 giorni.
Un’incompleta espansione iniziale dovuta a carenze di stagionatura umida, può
risultare doppiamente negativa sia perché il ritiro igrometrico finale non può
essere completamente compensato, sia perché una considerevole quantità di
solfato non reagito permane nella struttura. Tale solfato non reagito sarà
presente soprattutto nelle zone più corticali della struttura che sono quelle
più affette da perdita di umidità per insufficiente stagionatura umida. Qualora,
come spesso avviene, la struttura venisse in contatto in servizio con umidità
proveniente dall’esterno, la reazione espansiva potrebbe “riaccendersi”
interessando, però, solo quegli strati corticali dove è maggiormente presente il
solfato non reagito e dove è più facile che avvenga un aumento di umidità in
servizio. Ciò comporterebbe l’esplicarsi di reazioni espansive non uniformemente
distribuite analoghe a quelle prodotte dall’attacco solfatico esterno. [3].
La forte dipendenza dell’efficacia dei cementi espansivi a base solfatica dalla
qualità e dalla durata della stagionatura umida e il pericolo di possibili
deleterie espansioni ritardate, in caso di insufficiente stagionatura, sono due
tra i motivi che hanno fortemente limitato in passato la diffusione dell’uso dei
calcestruzzi a ritiro compensato basati su questa tecnologia.
Un ulteriore inconveniente nell’utilizzo pratico dei calcestruzzi a ritiro
compensato basato sull’impiego di cementi espansivi speciali è rappresentato
dalla necessità di provvedere un silo aggiuntivo presso l’impianto di betonaggio
per lo stoccaggio del cemento espansivo in affiancamento al cemento o ai cementi
ordinari utilizzati normalmente.
Un ulteriore inconveniente nell’utilizzo pratico dei calcestruzzi a ritiro
compensato basato sull’impiego di cementi espansivi speciali è rappresentato
dalla necessità di provvedere un silo aggiuntivo presso l’impianto di betonaggio
per lo stoccaggio del cemento espansivo in affiancamento al cemento o ai cementi
ordinari utilizzati normalmente.
Sono disponibili nel mercato agenti espansivi esterni a base di solfo-alluminato
tetra calcico da aggiungere al cemento portland ordinario nella produzione di
calcestruzzi a ritiro-compensato. Questi agenti espansivi, però. non hanno
trovato un ampio impiego in quanto le loro prestazioni in termini di espansione
possono dipendere fortemente dalla composizione dello specifico cemento
utilizzato.
In effetti, la reazione che porta alla formazione di ettringite coinvolge
sostanze come il solfato di calcio e gli alluminati di calcio che sono contenute,
in forme e quantità variabili, anche nel cemento Portland ordinario e nei
cementi di miscela. Pertanto, la quantità di ettringite che si produce in
seguito all’aggiunta di un determinato quantitativo di agente espansivo esterno,
può risultare molto diversa, qualora venga utilizzato un cemento piuttosto che
un altro.
Per lo stesso motivo un dosaggio improprio del agente espansivo esterno a base
solfatica, in relazione allo specifico cemento utilizzato, può portare ad un
indesiderato quantitativo di solfato non reagito nel calcestruzzo.
AGENTI ESPANSIVI A BASE DI OSSIDO DI CALCIO O DI MAGNESIO
Un altro metodo utilizzato (soprattutto in Europa e in Giappone) per produrre
calcestruzzi a ritiro compensato è quello che sfrutta come reazione espansiva
l’idratazione dell’ossido di calcio (CaO) e/o di magnesio (MgO) che porta alla
produzione dei corrispondenti idrossidi secondo le seguenti reazioni:
CaO + H2O → Ca(OH)2 (2.1)
MgO + H2O → Mg(OH)2 (2.2)
Gli ossidi di calcio e di magnesio disponibili normalmente in commercio, usati
in agricoltura o per produrre la calce aerea impiegata in edilizia nella
realizzazione di malte per muratura ed intonaco, non sono adatti per essere
impiegati come agenti espansivi.
Infatti, tali ossidi, ottenuti per cottura di calcari e dolomite ad una
temperature di circa 900°C, reagiscono troppo rapidamente con l’acqua quando il
calcestruzzo si trova ancora in fase plastica o nelle prime fasi
dell’indurimento e non ha, pertanto, sviluppato sufficiente capacità di aderire
alle armature metalliche, requisito necessario perché l’espansione venga
adeguatamente contrastata e trasformata in una coazione benefica di compressione.
Per essere idonei all’uso come agenti espansivi, l’ossido di calcio o di
magnesio devono essere ottenuti per cottura a temperature superiori a 1000°C.
Infatti, a tali temperature di produzione essi vengono soggetti ad un parziale
processo di sinterizzazione che
ne riduce la porosità e la reattività. Ossidi di questo tipo vengono detti “stracotti”
o “cotti a morte”.
Un ulteriore rallentamento della reazione di espansione può essere ottenuto
riducendo la finezza di macinazione dei granuli di ossido, purché “cotti a morte”.
La Fig. 4 mostra schematicamente l’espansione contrastata ottenuta in
laboratorio, con un calcestruzzo a ritiro compensato basato sull’impiego di
ossido di calcio “cotto a morte” comparato con quello di un calcestruzzo
realizzato con un cemento espansivo a base solfatica, a parità di tutte le altre
condizioni. Come si può notare, il calcestruzzo espansivo a base di ossido di
calcio raggiunge la massima espansione in meno di tre giorni mentre quello a
base solfatica continua la propria espansione per almeno una settimana.
La rapida espansione dal CaO rende necessario l’impiego di un calcestruzzo a
rapido sviluppo delle resistenze meccaniche al fine di sfruttare al meglio la
reazione espansiva aumentando la frazione di questa che viene contrastata per
effetto dell’instaurarsi di un’adeguata adesione tra calcestruzzo e barre di
acciaio. Per ottenere un più rapido incremento iniziale delle prestazioni
meccaniche, è possibile fare ricorso all’utilizzo di cementi di classe superiore
e di tipo R (CEM 42.5R, o 52.5R) e/o ad un elevato dosaggio di additivi
superfluidificanti per ridurre il rapporto a/c ed incrementare, di conseguenza
le prestazioni.
Essendo la reazione espansiva innescata dal solfo alluminato tetracalcico più
lenta di quella dell’ossido di calcio, ancorché “cotto a morte”, i calcestruzzi
a ritiro compensato a base solfatica sono meno dipendenti da questa problematica.
D’altra parte, però, i calcestruzzi espansivi a base di CaO richiedono un più
breve periodo di stagionatura umida (circa 2 giorni), al fine di raggiungere
l’espansione finale prevista. Per questa ragione le loro prestazioni in termini
di espansione sono meno affette da carenze di stagionatura umida e non vi è
alcun rischio reale di permanenza nella struttura di CaO residuo che potrebbe
portare a espansioni posticipate.
Sebbene sia possibile produrre cementi espansivi a base di ossido di calcio è
decisamente più diffuso l’impiego di questo prodotto come componente esterno da
aggiungere ad un calcestruzzo realizzato con cemento portland ordinario.
Ciò è possibile in quanto, contrariamente a quanto avviene per gli espansivi a
base solfatica, le reazioni (2.1) e (2.2) non sono influenzate dalla
composizione chimica dello specifico cemento utilizzato per cui l’espansione
prodotta da una determinata quantità di espansivo non cambia al variare del
cemento utilizzato.
Esistono ulteriori vantaggi nell’utilizzo di un agente espansivo, in luogo di un
cemento espansivo, nella realizzazione di calcestruzzi a ritiro compensato:
a) è possibile ottimizzare l’espansione chimica senza modificare la quantità di
cemento e delle altre materie prime del calcestruzzo, con evidente
semplificazione delle procedure di mix design;
b) in caso di utilizzo simultaneo di calcestruzzo ordinario e di calcestruzzo a
ritiro compensato nella stessa struttura è possibile utilizzare per entrambi un
conglomerato caratterizzato da medesima composizione, ad eccezione dell’agente
espansivo, ottenendo una maggiore uniformità di prestazioni e una maggiore
razionalizzazione della produzione;
c) l’uso combinato di un cemento Portland ordinario e di un agente espansivo a
base di CaO è in genere economicamente più conveniente dell’uso di un cemento
speciale a base di solfo-alluminato.
L’USO COMBINATO DI ESPANSIVI A BASE DI CAO E DI ADDITIVI RIDUTTORI DI RITIRO
(SRA)
Gli additivi riduttori di ritiro, meglio noti come SRA (Shrinkage-Reducing
Admixtures), sono prodotti luiquidi a base di sostanze organiche come il propilen
glycole etere o il neo
pentil glicole, che, introdotti nel calcestruzzo in quantità variabili tra
l’1 e il 2% in peso rispetto al cemento, sono in grado di ridurne il ritiro
igrometrico fino al 50% [5].
Secondo alcuni autori [6] l’efficacia degli SRA deve essere ascritta alla
diminuzione delle tensione superficiale dell’acqua (γ) prodotta da tali sostanze
la quale provocherebbe una diminuzione della tensione capillare P causata dalla
formazione di menischi all’interno dei pori capillari della pasta cementizia
cui, secondo alcune teorie è attribuita la responsabilità del ritiro igrometrico
del calcestruzzo (Fig. 5).
Recentemente [7] si è dimostrato che l’uso di un additivo SRA in combinazione
con un agente espansivo a base di ossido di calcio consente di realizzare
calcestruzzi a ritiro compensato efficaci anche in assenza di prolungate
operazioni di stagionatura. In particolare, studiando il comportamento espansivo
di provini prismatici realizzati con calcestruzzo a ritiro compensato con e
senza SRA e sottoposti ad una stagionatura costituita da protezione
dall’evaporazione per 24 ore con film di polietilene e, successivamente,
esposizione all’aria (60% R.H) si è appurato che l’influenza positiva dell’SRA
si manifesta in due differenti aspetti (Fig. 6):
- una riduzione del ritiro igrometrico che interessa il provino quando esposto
all’ambiente insaturo (effetto sostanzialmente atteso per la presenza dell’SRA
(β);
- un inaspettato aumento dell’espansione iniziale che si verifica quando il
provino è protetto dall’evaporazione dal film di plastica (α).
In sostanza, impiegando contemporaneamente un agente espansivo a base di ossido
di calcio e un agente SRA è possibile realizzare calcestruzzi a ritiro
compensato più semplici da gestire in quanto la compensazione del ritiro
igrometrico risulta meno dipendente dalle operazioni di curinged
ottenibile anche con tecniche di stagionatura più facili da realizzare in
cantiere come una semplice protezione con teli impermeabili da mantenere per un
breve periodo di tempo.
L’effetto sinergico α in Fig. 6 è stato confermato da altri autori [8] i quali
ipotizzano che la causa di ciò possa essere ricercata nella massiccia formazione
di cristalli allungati di idrossido di calcio che avverrebbe nell’idratazione
dell’ossido di calcio in presenza dell’SRA.
Gli stessi autori in [9] propongono un’altra spiegazione del fenomeno: essendo
l’SRA una molecola organica con azione idrofobica, potrebbe rallentare la
solubilità in acqua del CaO, ritardandone l’idratazione e aumentando, quindi la
frazione di questa che viene contrastata.
Un effettivo ritardo attribuito alla presenza di SRA è stato verificato in [10]
nell’idratazione di un agente espansivo a base di ossido di magnesio.
La differenza di comportamento tra calcestruzzi a ritiro compensato ordinari
(con solo agente espansivo) e di ultima generazione (contenenti sia l’agente
espansivo che l’SRA) è tale che si è reso necessario provvedere ad una modifica
della già citata norma UNI 8148.
La versione precedente della norma, emessa nel 1980, prevedeva che i provini
prismatici, una volta scasserati, venissero mantenuti costantemente sott’acqua
fino al termine delle misure di espansione. Questo tipo di stagionatura, ideale
per un calcestruzzo a ritiro compensato, oltre a non corrispondere in nessun
modo a quanto realmente avviene in cantiere, comportamento una sovrastima
dell’effettiva espansione iniziale, non consentiva di distinguere il
comportamento di calcestruzzi con SRA da quelli senza SRA. Nella nuova versione
della norma, emessa nel 2008, accanto al metodo di stagionatura precedente, oggi
identificato come metodo A, è stato aggiunto un metono di stagionatura
alternativo (metodo B) caratterizzato da una protezione dei provini per 48 ore
con un film di polietilene alla temperatura di 20°C e la successiva esposizione,
fino al termine della prova ad un a,binete insaturo costituito da T = 20°C e
U.R. = 55%.
Vale la pena di far notare che, ai fini di una corretta compensazione del ritiro
nell’elemento strutturale non è necessario che nella prova secondo UNI 8148
metodo B l’espansione indotta inizialmente sia superiore o uguale al successivo
ritiro igrometrico del provino (Fig. 6). Infatti, le leggi fisiche che
caratterizzano il passaggio di scala dal provino all’elemento strutturale
effettivo sono diverse per in due fenomeni (espansione iniziale e ritiro
igrometrico successivo) per cui si verifica, in genere che il ritiro igrometrico
nell’elemento reale possa essere adeguatamente compensato anche se la curva
espansione-ritiro nella prova secondo UNI 8148 metodo B attinge, alle
stagionature successive, a valori negativi (ritiro).
Come spiegato in precedenza, ai fini di una completa compensazione del ritiro
igrometrico è necessario che l’espansione contrastata nella struttura,
valutabile a mezzo della prova secondo UNI 8148 (impiegando il metodo B per
essere più attinenti alla realtà di cantiere) e trasformata per mezzo del
grafico di Fig. 1 eguagli il ritiro igrometrico atteso, sempre, nella struttura
e valutato con le modellazioni di letteratura o di normativa.
Sebbene tale effetto sinergico sia stato confermato da vari autori, l’effettivo
meccanismo di interazione tra CaO ed SRA non stato ancora completamente chiarito
e necessita di ulteriori indagini. Nonostante questa carenza, l’uso pratico di
questa tecnologia è andato diffondendosi negli ultimi anni nel settore delle
costruzioni con molte interessanti applicazioni.
BIBLIOGRAFIA
[1] UNI 8148/2008 “Agenti espansivi non metallici per impasti cementizi -
Determinazione dell’espansione contrastata del calcestruzzo”.
[2] ACI 223R-98 “Standard Practice for the use of shrinkage compensating
concrete”, ACI Manual of Concrete Practice, Detroit, MI,.
[3] M. Collepardi et al. “Il nuovo Calcestruzzo”, 5a Edizione, Ed. Tintoretto,
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