In Italia vengono realizzati circa 30 milioni di metri quadri di pavimentazioni in calcestruzzo per uso industriale.
Sostanzialmente queste sono piastre su appoggio continuo, sottoposte a sollecitazioni di tipo flessionale e di taglio originanti dal trasferimento dei carichi superficiali al sottofondo. Parliamo quindi di strutture soggette ai principi fondamentali delle Norme Tecniche per le Costruzioni, recentemente emanate, che quindi devono essere progettate, eseguite, collaudate e sottoposte a manutenzione programmata in modo da consentirne la prevista utilizzazione, in forma economicamente sostenibile e con il livello di sicurezza previsto dalle anzidette Norme Tecniche.
da Enco Journal n.45
In particolare, queste opere devono garantire sicurezza nei confronti degli stati limite d’esercizio (SLE), quindi la capacità di garantire le prestazioni previste per le condizioni di esercizio, anche attraverso la conservazione delle caratteristiche fisiche e meccaniche dei materiali utilizzati, per il tempo di vita utile di progetto (per la UNI 11146:2005, il sistema pavimentazione appartiene alla classe 2, quindi con un limite di 25 anni); questo evidenzia e conferma come la progettazione delle pavimentazioni debba essere indirizzata al controllo delle fessurazioni e delle deformazioni. Purtroppo la cattiva abitudine di trascurare importanza ed obbligatorietà della progettazione del pavimento inteso come struttura, determina, con elevata frequenza, la rapida caduta della sua funzionalità, con conseguente elevato danno economico. I tipi di carico normalmente applicati alle pavimentazioni in calcestruzzo, in particolare a quelle industriali, comportano stati di sforzo complessi che, in relazione allo sfavorevole rapporto tra la lunghezza della piastra (L) ed il suo spessore (h), determinano frequentemente il suo distacco dal supporto. Questo fenomeno, conosciuto come curling, consiste nella curvatura (imbarcamento) delle piastre indotta dal ritiro differenziale o dalle variazioni termiche differenziali la cui conseguenza, se la piastra è soggetta al solo peso proprio, è il suo sollevamento e distacco parziale dal sottofondo, in particolare in corrispondenza dei bordi. Il tema dello stato fessurativo, dovrebbe condurre il Progettista della pavimentazione ad un’attenta analisi della definizione degli stati limite di fessurazione, che si distinguono, in ordine di severità in:
1. stato limite di decompressione;
2. stato limite di formazione delle fessure;
3. stato limite di apertura delle fessure, nel quale, per la combinazione di azioni prescelta, il valore limite di apertura della fessura calcolato al livello considerato è pari ad uno dei seguenti valori nominali:
• w1 = 0,2 mm
• w2 = 0,3 mm
• w3 = 0,4 mm
Sino ad oggi, una pavimentazione industriale era progettata utilizzando ipotesi di comportamento strutturale tra: calcestruzzo non armato, debolmente armato, fibrorinforzato (con o senza armatura convenzionale). Proprio la preoccupazione nei confronti dello stato fessurativo e del curling, ha portato l’attenzione del Progettista nei confronti della Post-Tensione: le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni definiscono due distinte applicazioni tecnologiche, a cavi scorrevoli ancorati alle estremità o a cavi aderenti.
La Post-Tensione applicata alle pavimentazioni continue, in particolare a quelle industriali e commerciali, rappresenta la rivoluzione del settore che nasce da una nuova concezione di qualità e professionalità. Questa tecnologia consente di risolvere positivamente quelli che sono i problemi costruttivi tradizionali di ogni pavimentazione, garantendo l’eliminazione dei giunti, l’assenza di fessure da ritiro, l’eliminazione dei fenomeni di imbarcamento, l’annullamento dei dislivelli tra i bordi delle piastre, l’elevata planarità ed il raccordo tra le piastre. A questi vantaggi possiamo aggiungere la riduzione degli spessori, il sicuro abbattimento dei costi di manutenzione, il superiore confort di utilizzo ed il migliore effetto estetico dell’opera.
La tecnologia del Post-Teso consiste nel sostituire la classica armatura del calcestruzzo, quindi le reti elettrosaldate e le fibre metalliche o polimeriche, con cavi monotrefolo di tipo non aderente (unbonded) ingrassati ed inguainati, annegati nel calcestruzzo e in seguito Post-Tesi con martinetti idraulici, che impongono uno stato di forza indotta opposta alle deformazioni che si sviluppano durante l’esercizio della struttura.
L’aspetto ingegneristico del sistema Post-Teso è fondamentale, in quanto il dimensionamento della piastra di pavimentazione e la disposizione dei trefolo e dell’armatura supplementare, sono preventivamente calcolati in funzione delle caratteristiche tecniche del sottofondo, della portanza richiesta e dei carichi previsti, sia statici, sia dinamici. Da questi elementi scaturisce, tra l’altro, la prescrizione delle caratteristiche del calcestruzzo da utilizzare e le conseguenti indicazioni per la sua corretta messa in opera e stagionatura protetta. In particolare, le Norme sopra richiamate specificano, per strutture precompresse, una classe di resistenza a compressione minima C28/35 ed uno stato limite di fessurazione ≤ w1, quindi con un limite d’ apertura della fessura ≤ 0,2 mm.
La pavimentazione Post-Tesa rappresenta la prima vera applicazione ingegneristica nel settore, con utilizzo di software d’ultima generazione, che consentono di sviluppare i calcoli in relazione agli sforzi che la pavimentazione sopporterà, in relazione alla destinazione d’uso della struttura, alle previsioni di carichi puntiformi o distribuiti, alle esigenze della committenza. In tal modo si ricavano sia il passo della maglia dei trefoli, sia i parametri costruttivi che vengono tracciati sul progetto specifico, ricco di particolari, sia i dettagli tecnici sul posizionamento delle armature lente e su tutti gli altri particolari costruttivi della pavimentazione progettata. Anche con questa tecnologia di calcolo, la preparazione accurata del sottofondo risulta fondamentale, per cui se ne deve verificare la capacità portante e il grado di compattazione per ridurre od eliminare il rischio di cedimenti durante lo stato di esercizio della pavimentazione. Questi controlli devono essere eseguiti puntualmente, con prove di carico con piastra statica per il calcolo del modulo di deformazione e del coefficiente K di Winkler; per verificare l’omogeneità del sottofondo anche sulle aree difficilmente valutabili con la piastra statica, si può utilizzare il sistema a piastra dinamica, dopo averne parametrizzato i valori, che consente di operare in tempi brevi e a bassi costi.
L’ottenimento di buona planarità e chiusura della superficie della massicciata, si consegue con lo spargimento a saturazione di uno strato di sabbia fine (max 2-3 cm); fondamentale quindi la stesura di un foglio di polietilene in doppio strato, che svolge la duplice funzione di barriera al vapore, contrastando la risalita di umidità, e di strato di scorrimento che isola la lastra di calcestruzzo dal terreno desolidarizzando i due elementi al fine di ridurre gli attriti conseguenti agli spostamenti che si svilupperanno durante la fase di tesatura e per le deformazioni differite nel tempo.
In relazione alle prescrizioni progettuali di base, si prosegue, direttamente in cantiere, con il taglio dei trefoli inguainati dalle bobine, che vengono svolte con un sistema spingitrefolo comandato da una centralina idraulica (Fig. 1).
I trefoli, tagliati a misura secondo le specifiche di progetto, vengono in seguito inserirti nella casseratura di chiusura, che viene utilizzata per delimitare il getto e che viene solitamente posizionata in modo tale da lasciare una fascia perimetrale che conceda sufficiente spazio all’inserimento del martinetto da utilizzare per la tesatura; in recenti realizzazioni è stato consentito di utilizzare i pannelli perimetrali come contenimento ai getti, dopo che gli stessi erano stati forati alla base per consentire il passaggio ed il fissaggio dei trefoli.
L’ultima fase della preparazione, consiste nel posizionamento dei trefoli a maglia di progetto e al posizionamento nelle testate dei cunei di fissaggio, all’estremità del trefolo stesso (Fig. 2).
Le strutture verticali inglobate nei getti (pilastri, pozzetti, muri, cordoli, ecc.) vengono isolate con materiale comprimibile, di spessore sufficiente a garantire lo scorrimento delle lastre in fase di tesatura. Per assorbire gli stati tensionali in corrispondenza degli spiccati in elevazione ed evitare il possibile insorgere di fessurazioni concentrate sugli spigoli, si predispongono particolari armature lente supplementari (Fig. 3).
Le procedure concernenti il processo costruttivo del sistema del Post-Teso, prevedono la qualifica dell’impianto di betonaggio al fine di garantire il mix-design del calcestruzzo come progettato ed il controllo puntuale della miscela fornita, verificandone preventivamente la qualità già presso il Fornitore.
La posa in opera del calcestruzzo è preferibilmente effettuata con tecnologia Laser Screed (Fig.4), la vibrofinitrice a controllo laser dotata di staggia vibrante, che ne garantisce un’elevata compattazione unitamente ad un alto livello di planarità; contestualmente al getto si collocano i distanziatori in corrispondenza degli incroci della maglia dei trefoli, per posizionare la stessa in asse baricentrico, e si effettuano le operazioni di vibrazione ad ago, nella zona del cassero di chiusura.
Un’attenta e adeguata protezione alla stagionatura, conclude le fasi di realizzazione del pavimento: bagnatura del pavimento, copertura con TNT ed imbibizione dello stesso, fogli di polietilene in ambiente freddo contro le gelate di stagione.
Le operazioni di tesatura rappresentano quindi la fase evolutiva che caratterizza il sistema:
● per la tesatura parziale si utilizza un martinetto, con particolare imboccatura che garantisce la presa del trefolo esattamente nel punto di ripresa del getto; inducendo lo stato di pre-sollecitazione calcolato in funzione della resistenza a compressione del calcestruzzo a quella stagionatura, si è in grado di compensare, parzialmente o totalmente, le tensioni di trazione indotte dallo spontaneo ritiro del calcestruzzo in fase di indurimento (Fig. 5);
● la tesatura finale, che assicura alla lastra la capacità portante richiesta, si esegue normalmente a 72 ore, nel rispetto delle caratteristiche prestazionali del calcestruzzo, dopo averne verificato la resistenza a compressione con rottura dei cubetti in laboratorio. La resistenza normalmente richiesta per quest’operazione deve essere pari a circa il 70% di quella di classe, quindi di almeno 21 N/mm2 se la classe del calcestruzzo è quella minima di C25/30 (Fig. 6).
Successivamente alle operazioni di tesatura, si rilevano gli allungamenti reali del trefolo, che si confrontano con quelli teoricamente attesi per avere la certezza che il carico applicato abbia prodotto realmente l’allungamento dell’acciaio armonico come calcolato.
Anche con la tecnica del Post-Teso, è di fondamentale importanza progettare, in funzione della destinazione d’uso della pavimentazione, il tipo e la prestazione dello strato di finitura delle superfici, attraverso collaudati interventi che possono consistere (da soli o in combinazione tra di loro) in:
• levigatura e lucidatura meccanica del calcestruzzo indurito;
• applicazione e finitura di un indurente minerale, naturale o sintetico, con suo incorporamento nel calcestruzzo fresco con frattazzatura meccanica;
• applicazione di trattamenti indurenti chimici penetranti nel calcestruzzo;
• applicazione di selezionati cicli a base di resine polimeriche, per la protezione chimica del calcestruzzo indurito.
A seguito delle elevate caratteristiche prestazionali, il Sistema Post-Teso è ideale per tutti gli ambienti che prevedano alte scaffalature, elevati carichi concentrati, puntiformi e dinamici, circolazione sistematica di veicoli a bassa impronta, nonché per forme geometriche irregolari e per le pavimentazioni radianti. Per quest’ultima voce, la Post-Tensione del calcestruzzo genera caratteristiche positive difficilmente ottenibili con altre tecnologie, in quanto contrasta il manifestarsi di fessurazioni indotte dai continui cicli di raffreddamento e riscaldamento, e risulta essere l’unico sistema in grado di ridurre efficacemente le dilatazioni lineari indotte dalle variazioni termiche, garantendo la perfetta efficienza dell’intera struttura.
Con la tecnologia della Post-Tensione, è veramente iniziata la rivoluzione industriale nella realizzazione delle pavimentazioni industriali: la possibilità di realizzare una pavimentazione continua in calcestruzzo senza giunti e senza fessurazioni e crepe, non è più una remota possibilità o una soluzione avveniristica ma è una concreta realtà già sperimentata in numerose pavimentazioni industriali.
Concludiamo con una sintesi in dieci punti relativa agli aspetti positivi derivanti dall’adozione della Post-Tensione del calcestruzzo nelle pavimentazioni:
1. eliminazione dei giunti
2. assenza di fessure
3. eliminazione dell’imbarcamento delle lastre
4. annullamento del movimento verticale differenziato delle lastre (giunti di costruzione) al passaggio dei carrelli elevatori
5. eliminazione del dislivello tra i bordi delle lastre
6. possibilità di riduzione degli spessori
7. elevata planarità
8. abbattimento dei costi di manutenzione
9. maggiore comfort di utilizzo
10. migliore effetto estetico
BIBLIOGRAFIA
• TENSIOPAV – Pavimentazioni industriali Post-Tese;
• Tattoni, Madeddu, Civati – PAVIMENTAZIONI SU SUOLO (1^ parte);
• UNI Ente Nazionale Italiano di Unificazione - UNI 11146:2005 – Pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale – Criteri per la progettazione, la costruzione ed il collaudo;
• Norme Tecniche per le Costruzioni – GU N.29 del 4-2-2008 – Suppl. Ordinario N.30.