Da Galileo a Cauchy per elaborare la legge di Hooke
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I grandi personaggi di questo articolo in ordine di apparizione: G.Galilei (1564-1642) Þ Concetto di carico (1638) I.Newton (1642-1727) Þ Azione e reazione (1669) R.Hooke /1635-1702) Þ “Ut tensio sic vis” (1679) T. Young (1773-1829) Þ Modulo di elasticità (1800) A.Cauchy (1789-1857) Þ Legge di Hooke. (1822) C.L.Navier (1785-1836) Þ E=modulo di Young (1826) |
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| CONCETTO DI SFORZO Galileo Galilei (1564-1642), oltre ad essere un grande filosofo e forse il massimo scienziato italiano, può rivendicare altri tre primati tra loro in stretta relazione per le ragioni che mi accingo a spiegare... di Mario Collepardi Enco Journal anno IV n.16 |
Il primo è quello di essere stato il primo “pentito”
della storia: pentito tra virgolette per indicare,
cioè, che si era pentito solo per aver salva la vita
quando, durante il papato di Urbano VIII, l’Inquisizione
nel 1633 lo costrinse ad abiurare la sua tesi
eliocentrica copernicana in favore di quella geocentrica
tolemaica («Dialoghi dei Massimi
Sistemi», 1630). Già nel 1600, d’altra parte,
Giordano Bruno era stato condannato da Clemente VIII, e
successivamente arso vivo, proprio per non aver
chiaramente
accettato di pentirsi dei suoi “errori”. Galileo,
insomma, dopo aver a lungo tergiversato, capì che era il
caso di pronunciarsi per un chiaro e pronto pentimento.
Il secondo primato di Galileo, conseguente al primo, è
quello di essere stato il primo “pentito”
condannato agli arresti domiciliari
nella sua villa ad Arcetri presso Firenze.
Per evitare altri spiacevoli contraddittori con il
Sant’Uffizio, Galileo durante gli arresti domiciliari
che lo costrinsero ad Arcetri fino alla morte, seguitò
sì a studiare occupandosi, però, di argomenti molto meno
celesti e per lui meno pericolosi. Nel 1638 pubblicò la
sua ultima grande opera intitolata «Discorsi e
dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze
attinenti alla meccanica ed ai movimenti locali» (in
appendice il frontespizio dell’opera). Ed è in questa
opera, che Galileo forse non avrebbe mai portato a
termine se non fosse stato condannato agli arresti
domiciliari, che si può rintracciare il terzo primato
che maggiormente in questa sede ci interessa: Galileo fu
il primo ad occuparsi della resistenza meccanica
in termini di rottura dei materiali sottoposti
all’applicazione di un carico. Provò sperimentalmente,
come era suo costume, che maggiore è la sezione di un
certo materiale (di forma e geometria determinate: per
esempio aste cilindriche), maggiore è il carico che
occorre applicare alle due aste per provocare la rottura
(Fig. 1).
Galileo forse intuì ma certamente non esplicitò il
concetto di
sforzo (s),
inteso come forza per unità di superficie (Fig. 2), e si
limitò ad esaminare solo il carico, cioè la forza F
(Fig.2). Galileo non si accorse che dividendo il carico
di rottura (100 Kg e 400 Kg rispettivamente nell’asta A
e B di Fig. 1) per la sezione (S) ortogonale al
carico (3.14 cm2 e 12.56 cm2
rispettivamente) si sarebbe ottenuto un unico valore:
100 |
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400 |
|
|
------- |
= |
-------- |
= |
31.85 kg/cm2 |
3.14 |
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12.56 |
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che rappresenta (così diremmo noi oggi) lo sforzo (s)
capace di provocare la rottura del materiale nelle
condizioni di prova sperimentate (provini cilindrici,
applicazione dello sforzo a trazione, ecc.)
Dovettero passare quasi due secoli perché il concetto di
sforzo
fosse chiarito dal francese Augustin Cauchy. Ma di
questo parleremo più avanti.
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Fig.1 - Raddoppiando il diametro dell’asta cilindrica
(da 2 a 4 cm) il peso che provoca la rottura aumenta di
quattro volte (da 100 a 400 Kg).
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Fig. 2 - A parità di forza F applicata su due
superfici diverse (Ss>s’)
laddove la superficie è minore. |
CONCETTO DI DEFORMAZIONE
Nella sua terza legge della dinamica, nota anche come
principio di azione e reazione, il britannico Newton
(1642-1727) afferma che quando esiste un’interazione tra
due corpi la forza esercitata dal primo sul secondo è ad
ogni istante eguale ed opposta alla forza esercitata dal
secondo sul primo. Quasi in forma di omaggio al
grandissimo Isac Newton, nel 1679 il britannico Robert
Hooke (1635-1702) pubblicò un saggio intitolato «De
potentia restitutiva or of a spring» a ulteriore
conferma della terza legge di Newton, Hooke trovò che:
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-
ogni solido si deforma (accorciandosi o allungandosi)
quando è sollecitato e la deformazione si annulla se
si rimuove la sollecitazione;
-
è proprio questa deformazione (tensio) che
consente al solido di sviluppare l’azione opposta (vis)
alla sollecitazione.
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Fig. 3 - Reazione del gatto attraverso la
deformazione dei tendini alla sollecitazione della
bambina.
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Fig. 4 - Reazione del muro (invisibile, ma c’è)
alla sollecitazione della bambina.
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Hooke sintetizzò le sue scoperte con il celebre aforisma
«ut tensio, sic vis», (tanta la deformazione,
tanta la forza). Il significato è il seguente: se
tiro un elastico di gomma o la coda di un gatto (Fig. 3)
ci si accorge visivamente della forza (vis)
attraverso la deformazione reattiva (tensio*).
Se invece la stessa sollecitazione è applicata ad un
muro (Fig.4) la deformazione è meno o per niente
visibile: eppure la deformazione esiste. La differenza
tra la deformazione della coda del gatto e quella del
muro sta nella diversa qualità (cioè elasticità) dei due
materiali. Ma per cogliere questo significativo aspetto
del problema si dovrà attendere Thomas Young, anch’egli
britannico, più di un secolo dopo come si vedrà più
avanti (vedi Tabella 1).
*tensio, dal latino
tendere, originariamente significava "deformazione"
nell'aforisma di Hooke; nel linguaggio ingegneristico
attuale il termine "tensione" significa, invece, sforzo;
la confusione semantica sembra propio trarre origine dal
fatto che tensione (tensio) nel linguaggio di Hooke è "deformazione"
reattiva che rappresenta lo sforzo (vis).
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Fig. 5 - Applicando un carico P il filo si allunga di
Dl
= l – l0; se si applica un carico
doppio (2P) anche l’allungamento raddoppia l'
– l0 = 2
Dl.
Hooke colse bene questo aspetto.
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Per completare l’esame del lavoro di Hooke
occorre evidenziare il limiti della sua indagine, simili
a quelli riscontrati nell’indagine di Galileo. Hooke si
accorge che se due molle o due fili, entrambi di
lunghezza l0, sono tirati l’uno con un
peso (2P) doppio dell’altro (P), anche l’allungamento è
l’uno il doppio dell’altro (Fig. 5). Sfuggì, però ad
Hooke che l’allungamento significativo non è quello
assoluto (l – l0
=
D
l), ma
piuttosto quello relativo alla lunghezza iniziale (l0) |
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l-l0 |
|
D l |
e |
= |
-------- |
= |
--------- |
|
|
l0 |
|
l0 |
L’importanza della deformazione unitaria (e)
apparirà più evidente se si applica lo stesso carico (P)
a due provini dello stesso materiale con lunghezza
originale diversa: l0 e 2l0
(Fig. 6). L’allungamento assoluto è diverso (maggiore
nel provino più lungo) ma l’allungamento relativo (e)
è lo stesso (a parità di sforzo e di materiale)
indipendentemente dalla lunghezza originale (l0
oppure l’= 2l0).
Nonostante questi limiti, il contributo di Hooke
alla teoria dell’elasticità rimane di enorme
importanza nel campo dell’ingegneria al punto che alla
legge sull’elasticità verrà poi legato il suo nome (legge
di Hooke). Tuttavia Newton, che sopravvisse ad Hooke
di 25 anni, trascorse il resto della sua vita a
denigrare il lavoro di Hooke per futili ragioni di
carattere personale alle quali non sfuggono neppure i
grandissimi uomini (leggere in Appendice “Quel
buontempone di Hooke”).
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Dato il grande prestigio di Newton, la sua denigrazione
nei confronti di Hooke e del suo lavoro sull’elasticità
provocò, purtroppo, discredito presso gli scienziati ed
i tecnici del Settecento nei confronti del lavoro di
Hooke con grave nocumento per l’immediato progresso
della teoria dell’elasticità.
TEORIA DELL'ELASTICITA'
In una relazione presentata all’Accademia delle Scienze
Francesi nel 1822, il giovane matematico Augustin Cauchy
(1789-1857) dimostrò che la deformazione, quella
relativa (e)
e non quella assoluta (D
l) misurata da Hooke, era funzione (molto
semplice) dello sforzo
s
= F/S e non della forza (F) (Fig. 2).
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Fig. 6 -
Applicando lo stesso carico P l’allungamento assoluto è
maggiore nel provino più lungo (l’) ma
l’allungamento relativo
e
è lo stesso. Hooke non se ne accorse.
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Cauchy (nominato barone dal governo francese proprio per
i suoi studi sulla teoria dell’elasticità) indicò anche
che lo sforzo s è
concettualmente, oltre che dimensionalmente, analogo
alla pressione. Come all’interno della gomma di una
ruota automobilistica gonfiata alla pressione di 2 Kg/cm2
tutto il gas in ogni punto è sottoposta alla pressione
di 2 Kg/cm2, così pure all’interno di un
solido sollecitato a compressione tutti gli atomi (o
ioni, o molecole) debbono essere immaginati come se
fossero sottoposti alla stessa sollecitazione con
deformazione delle reciproche distanze interatomiche.
In sostanza tutti i legami tra gli atomi del materiale
si deformano al pari del materiale stesso visto
esternamente (Fig. 7). Da un punto di vista pratico è
più facile misurare la deformazione del materiale visto
esternamente a seguito di una sollecitazione a
compressione, sc,
o a trazione, s
t
(Fig. 8), che non la variazione della distanza
interatomica.
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Fig. 7 -
L’applicazione di uno sforzo a compressione (sc)
schiaccia il solido (a destra) e deforma similmente
tutte le distanze tra gli atomi.
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Fig. 8 - L’applicazione di uno sforzo a trazione (st)
allunga il solido (a destra) e deforma similmente tutte
le distanze tra gli atomi.
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Tabella 1
- Modulo elastico (E) di alcuni materiali da costruzione
(vedere l’Appendice per le unità di misura).
Materiale
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E (GPa)
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Diamante |
1000 |
Carburo di Silicio |
450 |
Nichel |
215 |
Acciai |
195-215 |
Titanio |
85-130 |
Alluminio |
70-80 |
Calcestruzzo |
20-40 |
Materie plastiche |
0.1-5 |
Gomma |
0.001-0.01 |
|
Per quanto paradossale possa apparire, la mancata
distinzione, da parte di Hooke, tra deformazione
assoluta
D
l = l – l0 e deformazione unitaria
e
=
D
l/l0 bloccò per molto, fino ai
tempi di Cauchy, la diffusione della “legge di Hooke”
nella forma semplice oggi a noi nota:
s
= Ee
dove
E è la costante di proporzionalità tra sforzo e
deformazione unitaria.
Thomas Young (1773-1829) fu il primo a capire
l’importanza del fatto che E varia con il
materiale (Tabella 1). E oggi si chiama modulo di
elasticità o modulo di Young in suo onore su proposta
fatta nel 1826 dal francese Claude Louis Navier
(1785-1836) tre anni prima che Young morisse (in
Appendice il riquadro “Quel pasticcione di Young”).
Se si confrontano due tipici materiali da costruzione
come l’acciaio (molto rigido) ed il calcestruzzo (più
deformabile) si può osservare (Tabella 1) che il primo
presenta un valore di E di circa 20 GPa, cioè 7
volte circa maggiore del valore di E per il
calcestruzzo (circa 30 MPa). Quale è il significato di
questa differenza nel valore di E? Il significato
è il seguente: per realizzare la stessa deformazione
e
nei due materiali occorre applicare uno sforzo (s
), sull’acciaio che è circa 7 volte maggiore dello
sforzo applicato sul calcestruzzo.
DEFORMAZIONE DELLA STRUTTURA E DEL PROVINO
Le ragioni che non permisero ad Hooke di cogliere
l’importanza della deformazione unitaria (e)
rispetto a quella della deformazione assoluta (D
l) risiedono nella difficoltà di misurare le
deformazioni unitarie su strutture reali per lo più di
forma solitamente complessa ed in presenza di
sollecitazio ne anch’esse complesse.
Per studiare il comportamento dei diversi materiali da
costruzione a seguito di sollecitazioni applicate,
occorrono tre condizioni:
-
sottoporre ad indagine una porzione ben definita di
materiale “omogeneo” (mattone, acciaio, calcestruzzo,
ecc.);
-
la porzione ben definita di materiale “omogeneo” si
deve presentare in forma di una geometria
relativamente semplice (prisma, cilindro, cubo, ecc.)
che prende il nome di provino;
-
la sollecitazione applicata deve essere di tipo
semplice, solitamente monoassiale (compressione o
trazione) o comunque facilmente maneggiabile
matematicamente (taglio, flessione).
Nella Fig. 9 sono mostrati tre tipici provini (prismatico
per il mattone, cilindrico per l’acciaio, cubico per il
calcestruzzo) sottoposti a sollecitazione
rispettivamente di flessione (sf),
di trazione (st)
e di compressione (sc).
Stabilite le dimensioni del provino si potrà misurare
più facilmente le sezioni trasversali agli sforzi e le
deformazioni assolute. Si potrà quindi trasformare un
carico P in uno sforzo una volta noto il regime
tensionale nella sezione
s
(=P/S) ed una deformazione assoluta (D
l) in una deformazione unitaria (D
l/l0).
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Fig.
9 - Provini
e tipi di sforzo per caratterizzare il comportamento dei
materiali.
Fig. 10 - Curva sforzo-deformazione (s-e)
|
Applicando, attraverso le macchine, carichi semplici
(per esempio di trazione) e noti, e misurando (mediante
estensimetri) le variazioni dimensionali, si potrà
ricostruire un diagramma “sforzo-deformazione”. Nel
grafico della Fig. 10 si trovano alcuni dati
interessanti che approfondiremo nelle prossime lezioni:
il massimo sforzo che è in grado di sopportare il
materiale (Rt,
resistenza meccanica); la resistenza
allo snervamento (Rs)
che indica lo sforzo nella curva
s
-
e che corrisponde solitamente ad un piccolo
“pianerottolo” nella deformazione; il massimo
allungamento (er)
che subisce il materiale al momento della rottura (materiali
fragili e duttili presentano
er
rispettivamente piccoli o grandi); la pendenza della
curva in particolare nel tratto iniziale dove tra
s
ed
e
esiste proporzionalità lineare (cioè vale la legge di
Hooke: s=Ee); l'area sottesa dalla curva s-e che è
proporzionale al lavoro speso per rompere il materiale (tenacità).
In particolare, il valore di E (cioè la pendenza
della curva nel tratto lineare) rappresenta la rigidità
specifica del materiale e cambia da materiale a
materiale (Tabella 1).
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Approfondimento: Per un approfondimento
dell’argomento sulla teoria dell’elasticità si
consultino i libri “Structures or Why Things
Don’t Fall Down” e “The New Science of Strong
Materials or Why You Don’t Fall through the
Floor” di J:E: Gordon, Penguin Books, London,
1991, (disponibili anche in italiano nella
collana Biblioteca EST, Mondadori). Da questi
libri sono stati desunte gran parte delle
informazioni riportate qui. |
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APPENDICE
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Quel pasticcione di Young
A dire il vero Young era geniale ma un po’
pasticcione nell’esposizione. Così illustrò nel
1800 all’Ammiragliato Britannico (che doveva
finanziare i suoi studi) il concetto di modulo
elastico:
“Il modulo di elasticità di qualsiasi sostanza è
una colonna della medesima sostanza, capace di
esercitare sulla propria base una pressione che
sta al peso che provoca un certo grado di
compressione come la lunghezza della sostanza
sta alla diminuizione della sua lunghezza”
E l’Ammiragliato giustamente rispose:
“Benché la scienza sia molto rispettata ed il
vostro saggio sia molto stimato, esso è troppo
erudito, ..... in breve non lo si è capito”.
Forse anche per questo Young dopo aver insegnato
la teoria dell’elasticità alla Royal Institution
di Londra (dove era professore di filosofia
naturale) lasciò la cattedra e tornò a fare il
medico.
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Quel
buontempone di Hooke
Robert
Hooke fisico e naturalista con grandi capacità
di sviluppare applicazioni pratiche. Inventò
orologi, microscopi, molle, giunti meccanici e
diaframma ad iride per macchine fotografiche.
Nella
vita privata era un godereccio amante della
vita. Ad Hooke piacevano molto le donne: tutte,
o quasi, inclusa sua nipote Grace.
Per
contro Isac Newton, grandissimo scienziato
teorico, era un matematico e fisico. Nel privato
Newton era un po’ snob (come accade anche oggi
a qualche “professorone”), studioso
di teologia, poco incline alla “carne”. Ce
n’era abbastanza perché odiasse quel
buontempone di Hooke.
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Modulo di Poisson
Quando è sottoposto a
compressione,
il materiale si accorcia verticalmente (ev)
lungo l'asse dello sforzo e si dilata
lateralmente
(el)
nella direzione ortogonale (Fig. 7): il
rapporto
el/ev
si chiama modulo di Poisson
(n).
Anche nella trazione (Fig. 8) il modulo
vale
el/ev.
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