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Bari - Da Venezia una lezione per il futuro delle città
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La Biennale di architettura offre nuovi spunti immaginativi per ripensare il capoluogo

Quanto esposto alla Biennale di Venezia nella sezione 'Città di pietra' a cura di Claudio D'Amato Guerrieri, non può ridursi ad un giudizio simbolico e superficiale, ma bisogna cogliere le proposte nella prospettiva di un segnale di invito a studiare nel prossimo futuro, soluzioni urbane che dovranno trascendere all'idea semplice dell'uso consueto e anonimo di uno spazio urbano.

di Di Donato Bosco

fonte: La Repubblica



La Biennale di architettura offre nuovi spunti immaginativi per ripensare il capoluogo

Quanto esposto alla Biennale di Venezia nella sezione 'Città di pietra' a cura di Claudio D'Amato Guerrieri, non può ridursi ad un giudizio simbolico e superficiale, ma bisogna cogliere le proposte nella prospettiva di un segnale di invito a studiare nel prossimo futuro, soluzioni urbane che dovranno trascendere all'idea semplice dell'uso consueto e anonimo di uno spazio urbano.

La decima Biennale impone quindi una riflessione sugli spazi pubblici urbani e, nel contempo, sullo 'sprowl' urbano senza un nucleo dominante. A proposito di ciò il direttore della Biennale Burdett ha indicato un motto, riferendosi alla capitale britannica: «London is going up, not out». Ciò vuol significare tante cose, ma una fondamentale e cioè 'densificazione' delle città (tendenza inglese) e non più periferie sprovviste di un nucleo dominante in diretto rapporto con la centralità storica della città costruita del passato.

La Biennale vuole anche affermare che la programmazione urbanistica non può essere di tipo verticistico, cioè calata dall'alto: non sarebbe una programmazione democratica il rifuggire dai veri, grandi e complessi problemi di confronto sociale del mondo già inurbato. È necessario proporre strumenti urbanistici di strategia comunale partendo da un'analisi multidisciplinare dell'intero sistema urbano proiettato nella più vasta area metropolitana. Le 'funzioni operative' che dovrà darsi la città, dovranno prevedere il proprio rinnovamento strutturale ed infrastrutturale e prevedere anche la integrazione tra funzione pubblica e privata per la tutela e lo sviluppo dei reciproci interessi non più considerati fra loro confliggenti.

Per avere una più certa individuazione 'funzionale' della città metropolitana, sono diventati prioritari per il territorio barese i problemi legati alla infrastrutturazione ed alla centrificazione o storicizzazione delle enormi aree urbane che costituiscono le attuali periferie estese fino al limite del territorio e nella probabile 'regione' urbano-metropolitana; bisogna cioè individuare la funzione spaziale metropolitana dei trasporti.

Il sistema metropolitano di Bari chiede una soluzione istituzionale per consentire processi di concertazione consensuale intercomunale di istituzioni metropolitane che non siano a geometria variabile nella confusione delle istituzioni di altri enti (Comuni, Provincia e Regione).

I problemi della governance metropolitana costituiscono quindi i problemi di maggior momento data la frammentarietà delle strutture amministrative: una pensata riurbanizzazione del Perotti poteva e può ancora costituire il punto di partenza per attivare un grande primo progetto strategico confrontale metropolitano tra la città e il mare. Emerge quindi la necessità della valutazione della compatibilità reciproca delle diverse decisioni, private e pubbliche, progettando la realizzazione di un quadro di 'coerenze' che possa veramente andare al di là dell'ambito del Comune, avviando sinergie territoriali le quali possono nascere soltanto da grandi progetti infrastrutturali e da lungimiranti, grandi e condivisi piani strategici. l'autore è ingegnere

 
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