Ci sono tante idee di città per un dibattito che affascina, e spesso accalora, architetti, urbanisti, sociologi, artisti. E anche, non ultimi, gli 'attori' della città, la gente che la abita. E il dibattito è più che mai forte quando affronta il tema delle periferie, a Napoli come altrove (le recenti immagini delle banlieuses parigine ne sono una conferma), paradigma d'un disagio esistenziale, prima ancora che urbanistico, sociale, economico.
Di Pasquale Esposito
fonte: Il Mattino
Ci sono tante idee di città per un dibattito che affascina, e spesso accalora, architetti, urbanisti, sociologi, artisti. E anche, non ultimi, gli 'attori' della città, la gente che la abita. E il dibattito è più che mai forte quando affronta il tema delle periferie, a Napoli come altrove (le recenti immagini delle banlieuses parigine ne sono una conferma), paradigma d'un disagio esistenziale, prima ancora che urbanistico, sociale, economico.L'arte prova a interpretare questo disagio, questa situazione. Come fanno Gianfranco Botto e Roberta Bruno da tempo impegnati in una ricerca al riguardo e che sono in mostra nella galleria di Alfonso Artiaco a piazza dei Martiri: «A concrete town is coming» («Sta nascendo una città d'asfalto») è il titolo della mostra nella quale Botto & Bruno presentano un progetto site-specific sulle trasformazioni subite dalle città contemporanee.
«L'idea della mostra - spiegano i due giovani artisti torinesi - nasce da una nostra riflessione sulle trasformazioni violente che stanno subendo le nostre città e dal senso di impotenza che sentono soprattutto gli abitanti delle sterminate periferie. Il 'Continental' era un vecchio cinema di seconda visione situato nella zona Mirafiori di Torino. Ora non esiste più. È rimasto solo nei nostri ricordi di infanzia. Abbiamo cercato di ricostruirlo a memoria attraverso un montaggio analogico di numerosi frontali di architetture dismesse. Sullo sfondo un wall paper ricopre le pareti della galleria: macerie di una città appena distrutta.
Il Continental è l'unica architettura rimasta intatta: quella della memoria. Noi pensiamo che le trasformazioni della città siano necessarie ma solo quando vengono rispettate le esigenze delle persone che vivono all'interno di quei luoghi, tentando di riconvertire gli spazi industriali attualizzandoli senza cancellare le tracce di un vissuto collettivo». Dentro il cinema viene proiettato un video in bianco e nero nel quale si vedono degli operai che stanno rifacendo il manto stradale di una piazza sotto la pioggia. Il fumo che si sprigiona diventa come nebbia fitta all'interno della quale gli operai appaiono e scompaiono. La sensazione che scaturisce è una sensazione poetica e visionaria allo stesso tempo.
È dunque compito della classe operaia iniziare la ricostruzione ed è poi compito dei bambini impossessarsi di nuovo del luogo appena ricostruito e viverlo».