Presentazione:
Nel prossimo futuro vere e proprie rivoluzioni di costituzione e di
gestione coinvolgeranno gli acquedotti italiani. Presentiamo il gap che ancora
sussiste tra tanta ottima teoria e la reale situazione dei sistemi di
distribuzione idrica in Italia. Articolo
pubblicato nella rivista “ACQUA & ARIA” n. 2 /2011 - BE.MA Editrice
Ai nostri giorni si assiste ad una vera
proliferazione di articoli, libri, pubblicazioni accompagnate da
sperimentazioni aventi per oggetto nuove tecniche di riorganizzazione dei
sistemi di raccolta e distribuzione d’acqua potabile. I temi trattati da
eminenti studiosi sono molteplici e vanno dalla ottimizzazione della
distribuzione idrica alla determinazione degli indicatori di performance
secondo modalità di valutazione standardizzate internazionalmente, alla
valutazione dei costi di gestione di diverse metodologie, alla definizione
delle modalità ottimali di regolazione della pressione di rete, alle nuove
metodologie di verifica del funzionamento delle reti complesse, alla
calibrazione dei dati da usare nei calcoli delle reti ecc. ecc. Allo scopo
vengono utilizzate procedure statistiche e matematiche di alto livello e
programmi applicativi per PC che consentono di risolvere problemi estremamente
complessi ottenendo risultati la cui bontà è confermata da sparute
sperimentazioni pratiche.
Un intervento che viene caldamente
raccomandato anche all’estero è la distrettualizzazione cioè la suddivisione delle
reti acquedottistiche in tanti “distretti” che consentono non solo di
determinare le condizioni reali di funzionamento della rete e l’ammontare delle
perdite occulte ma anche di effettuare la regolazione della pressione di
funzionamento e quindi la riduzione delle perdite occulte.
Di Marcello Meneghin
http://altratecnica.it
La citata letteratura tecnica, oltre che
destare curiosità ed interesse per le innovazioni che propone, dà una chiara
idea dei progressi che sono in corso anche nel campo degli acquedotti e delle
vere e proprie rivoluzioni di costituzione e di gestione cui saranno soggetti
gli acquedotti italiani in un futuro prossimo.
Per chi, come lo scrivente, segue terra terra
la gestione pratica degli acquedotti italiani, desta impressione il vero
baratro che sussiste tra tanta ottima teoria e la reale situazione dei sistemi
di distribuzione idrica in Italia. I punti su cui discutere sarebbero
moltissimi, molti di essi richiederebbero una notevole preparazione teorica che
chi scrive, purtroppo, non possiede. Mi limiterò quindi a soli tre elementi
che, a mio giudizio, sono molto rappresentativi del citato divario e portano a
concludere che il terreno da percorrere per primo sia, non già l’applicazione immediata
delle citate moderne metodologie teoriche, bensì una diversa concezione di base
dei nostri acquedotti.
Figura 1 = Schema acquedotto classico
Un primo esempio, a mio avviso paradossale, è il
verificare come la stragrande maggioranza delle reti di distribuzione degli
acquedotti italiani sia alimentata da una vasca di carico essendo questa una metodologia,
del tutto erronea, che viene ancora insegnata ai tecnici nelle nostre
università e che i gestori degli acquedotti prediligono (Vedi figura 1). In
altri termini il propugnare, troppo diffuso ovunque, che la distribuzione
idrica deve essere a pressione di partenza fissa, costituisce un errore
gravissimo che annulla in partenza tutti i benefici che le moderne metodologie
di cui sopra consentirebbero. Nei moderni acquedotti si dovrebbe invece immettere in rete, tutte le
volte che le condizioni locali lo permettono cioè nella quasi totalità delle
reti di distribuzione, l’acqua ad una pressione variabile e regolata in
funzione dei risultati finali rilevati presso il domicilio del cittadino che ne
usufruisce. Ciò significa consegnare l'acqua all'utente con una pressione
congrua momento per momento e quindi senza esagerare nel suo ammontare quando ciò
non riveste alcuna utilità come ad esempio nei periodi notturni ed invece non
fargli mai mancare la pressione necessaria affinché egli possa sempre goderne
nella giusta misura e quindi abbondare nella pressione di esercizio delle ore
di maggior consumo. E’ facile constatare come nella realtà accada esattamente
il contrario. L’acquedotto (cioè la maggior parte degli acquedotti) che è
alimentato da un serbatoio di carico, fornisce l’acqua ad una pressione
maggiore proprio la notte ed in tutti i periodi di basso consumo. Viceversa in
caso di necessità impreviste come ad esempio per un prelievo anomalo di un
importante utilizzatore, quest’ultimo sistema non è in grado di aumentare la
pressione di funzionamento oltre a quella normale e quindi, anche se ha i
serbatoi pieni, non è in grado di superare correttamente l’emergenza.
In sostanza gli acquedotti moderni dovrebbero
innanzitutto poter fissare il grafico giornaliero e settimanale delle pressioni
ideali con cui l’acqua deve pervenire all’utenza e quindi essere in grado di
graduare la pressione di partenza all’inizio rete in funzione di tale
risultato. I grafici dovrebbero poi essere tenuti sotto controllo continuativo
ed essere aggiornati in funzione della situazione reale. I benefici sono eclatanti e vanno da
una forte riduzione delle perdite occulte data dalla minore pressione che si
viene ad avere in rete nei periodi di basso consumo e particolarmente di notte,
da una piena soddisfazione dell’utenza che riceve tutta l’acqua di cui
abbisogna ed infine un notevole beneficio economico dato dal risparmio idrico
ed energetico e da un consumo oculato dell’utenza che spesso si traduce anche
in un maggior introito sulla vendita dell’acqua per il gestore.
Esempio di acquedotto
a pressione di partenza variabile. SACILE (PN)
Il vecchio serbatoio
pensile (Fig 2)alto solo 20 m funziona solo la notte. Al mattino quando la
richiesta supera il limite di portata prefissato, le valvole (fig.3) chiudono
il serbatoio che resta pieno e pronto ad intervenire in caso di bisogno. Entra
in funzione il pompaggio in diretta in rete ed a pressione variabile in
funzione della portata richiesta
Il fatto che risultati come quelli citati
vengano in molte realtà acquedottistiche ottenuti tramite la regolazione di
rete a mezzo di dispositivi particolari non inficia il principio qui enunciato
in base al quale la prima cosa da fare è la modulazione di pressione in testa
alla rete! Nulla vieta che vi si possano anche aggiungere altri sofisticati
dispositivi posti più a valle.
Un secondo controsenso da far rilevare è
insito nelle usuali modalità di utilizzo dei serbatoi di compenso giornaliero. E’
ben noto come la stragrande maggioranza di tali serbatoi sia regolata “al
massimo livello”. In altri termini il dispositivo automatico di cui sono
normalmente dotati fa aumentare la
produzione e l’immissione in serbatoio, man mano che il livello di invaso tende
a calare. In questo modo si cerca di mantenere i serbatoi sempre al loro
massimo livello ma, se da un lato tale circostanza costituisce un fattore di
maggior sicurezza, dall’altro però annulla per lunghi periodi la funzione
precipua dei serbatoi stessi e cioè la loro azione di compensazione delle
portate.
Per comprendere tale fenomeno bisogna
rammentare come i sistemi acquedottistici siano normalmente dimensionati per la
punta di consumo cioè per un esercizio che statisticamente ha una durata minima
durante l’annata tipo. Per la rimanente parte e cioè per la maggioranza delle
giornate, la produzione risulterà sovrabbondante rispetto alla richiesta e ciò
comporta avere i serbatoi di accumulo giornaliero sempre pieni nel mentre la
produzione, venendo a mancare in tutto od in parte l’azione compensatrice degli
invasi, deve modulare la propria portata in funzione della richiesta e cioè
minima di notte e massima nelle ore di punta di consumo.
Una utilizzazione di tutto il volume di invaso
in tutte le giornate ivi comprese quelle di consumo medio e minimo (che
statisticamente rappresentano una percentuale assai elevata delle giornate
annue) darebbe un risultato importante capovolgendo la situazione prima
descritta e cioè facendo produrre la notte una portata uguale o addirittura
maggiore di quella diurna.
In definitiva la regolazione che si ritiene
consigliabile è quella che impone ai serbatoi di compenso giornaliero di
svuotarsi secondo un diagramma giornaliero dei livelli definito in funzione dei
consumi del giorno di punta, diagramma da mantenere fisso per tutte le giornate
dall’annata indipendentemente dall’andamento della richiesta idrica.
Chiaramente nel giorno di consumo massimo avrà luogo la compensazione totale
delle portate tale essendo l’impostazione di base del sistema, nel mentre in
tutti gli altri giorni i serbatoi immettono in rete un volume che eccede quello
che sarebbe realmente necessario per la compensazione ottenendo, come prima
indicato, un risparmio nella produzione diurna.
Quello citato è un metodo di regolazione molto
semplice, già sperimentato in applicazioni reali e con ottimi risultati, da chi
scrive. Sussistono sicuramente modalità ancora più sofisticate ed atte a dare
risultati migliori perché basati sulla definizione statistica del diagramma di
svuotamento dei serbatoi automaticamente definita giorno per giorno dal sistema
di comando e controllo. Il risultato finale da raggiungere riguarda comunque
una utilizzazione del volume di invaso totalmente diversa da quella normalmente
adottata.
Il terzo ed ultimo punto che si vuole porre in
discussione è la cosiddetta “distrettualizzazione” molto reclamizzata dalla letteratura tecnica
ed addirittura imposta dalle leggi vigenti. Come già citato si tratta di
suddividere la rete in tante piccole parti secondo valide metodologie al fine
di rendere noto il funzionamento reale delle varie parti di rete e di
consentire una agevole regolazione della pressione di esercizio con cui
ottenere i vantaggi prima descritti.
Senza entrare in merito ai dettagli di
costituzione e gestione dei “distretti” e degli indubbi vantaggi di tale
tecnica, ci si limita ad affermare come una delle più grandi conquiste della
tecnica acquedottistica di questi ultimi decenni sia stata senza dubbio la
costituzione di reti magliate aventi il maggior numero possibile di
interconnessioni. Una rete di questo tipo offre vantaggi enormi in fatto di
regolarizzazione della pressione anche in caso di prelievi anomali in un punto
qualsiasi della rete stessa, di effettuare il trasporto di enormi portate con perdite
di carico minime, di consentire la messa fuori servizio di una o più condotte
di rete senza che il resto dell’acquedotto abbia a risentirne minimamente ecc.
ecc. Ora ammettere la perdita di questi e degli altri vantaggi non elencati della
rete interconnessa, al solo scopo di conoscerne le caratteristiche e di poterne
regolare la pressione, appare un fatto assolutamente inammissibile. Si ritiene
che la moderna tecnica offra molti altri modi per arrivare agli stessi
risultati senza dover menomare la rete come impone la distrettualizzazione
classica che va per la maggiore ai nostri giorni.
Si conclude questa breve nota confermando che
nella tecnica acquedottistica si stanno facendo enormi progressi dai quali
deriveranno delle vere e proprie rivoluzioni sia di costituzione che di
esercizio dei servizi idropotabili. Al tempo stesso si fanno però notare delle rilevanti
incongruenze cui occorre urgentemente porre rimedio riservando l’applicazione
delle nuove tecniche ad un secondo tempo e quindi dopo aver apportato urgenti e
sostanziali modifiche ai sistemi esistenti: tre di esse hanno formato, senza
alcuna pretesa di essere esaustive, l’oggetto della nota.
Maggiori dettagli sono leggibili su
http://altratecnica.it