Oltre a questi vantaggi sulla durabilità delle opere, l’impiego dell’
RPC consente di conseguire notevoli vantaggi anche dal punto di vista statico. Grazie all’elevata resistenza a compressione (200 N/mm
2) e flessione (40 N/mm
2) si sono potute adottare per gli elementi prefabbricati della "passerelle" delle aste di diametro pari a 150 m in luogo dei 400 mm richiesti qualora fosse stato impiegato un calcestruzzo ad alta resistenza (60 N/mm
2). L’impiego dell’
RPC ha consentito, quindi, di ridurre il volume totale delle strutture di circa il 70%, rispetto a quello richiesto per la stessa "passerelle" costruita in calcestruzzo ad alta resistenza.
Elemento prefabbricato in RPC.
Stante la notevole diminuzione del volume delle strutture, si è potuto conseguire un considerevole risparmio nel consumo di cemento (circa il 35% in meno), e di aggregati (il 65% circa in meno), rispetto ai quantitativi richiesti per la struttura realizzata in calcestruzzo ad alta resistenza. In sostanza, l’impiego dell’
RPC sembra rappresentare un’interessante soluzione - per il futuro - ai problemi di carattere ambientale, grazie alla diminuzione del consumo di cemento (e conseguentemente alla diminuzione di anidride carbonica emessa nell’atmosfera) e di aggregati che rappresentano delle fonti di energia non rinnovabili.
Sarà possibile utilizzare il
Reactive Powder Concrete per la realizzazione di strutture anche in Italia? Probabilmente bisognerà aspettare ancora qualche tempo. Infatti, la normativa italiana (Legge 1086/71 e D.M. 9 Gennaio 1996 "Norme Tecniche per il calcolo, l’esecuzione ed il collaudo delle strutture in cemento armato, normale e precompresso e per le strutture metalliche"), sebbene permetta l’impiego di calcestruzzo ad alta resistenza meccanica, non consente di assumere nei calcoli statici valori della resistenza caratteristica, misurata su provini cubici, superiori a 55 N/mm
2 (punto 5.2.1 e 5.2.2 del D.M. 9 Gennaio 1996 sopramenzionato). Il limite del valore della R
ck da assumere nella progettazione strutturale ha ostacolato e rappresenta tuttora un limite alla diffusione nel nostro Paese di strutture realizzate con calcestruzzi aventi R
ck maggiori di 55 N/mm
2.
L’attuale situazione italiana, tuttavia, potrebbe in un prossimo futuro cambiare radicalmente alla luce del fatto che nelle "Linee Guida sul calcestruzzo strutturale" emanate nel Dicembre ’96 dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, e sulla base anche delle disposizioni di cui al punto 5 della Parte Generale e dei punti 1 e 2 della Parte I del D.M. 9 Gennaio 1996 si ritiene che l’impiego dei calcestruzzi con R
ck 55 N/mm
2 possa essere ammesso per la realizzazione di strutture in c.a. e c.a.p. In particolare, nelle sopramenzionate Linee Guida viene chiarito che l’impiego di calcestruzzi con R
ck 55 N/mm
2 (definiti calcestruzzi ad Alte Prestazioni: A.P.) potrà essere ammesso previo esame e valutazione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici al quale dovranno essere sottoposte, caso per caso, le documentazioni di progetto. Per i calcestruzzi con R
ck > 75 N/mm
2 (definiti calcestruzzi ad Alta Resistenza: A.R.), la documentazione da sottoporre all’analisi del Consiglio Superiore dei LL. PP. dovrà comprendere una modellazione teorico-sperimentale del legame costitutivo del materiale oltre ad una giustificazione delle regole di calcolo adottate.
Infine, è opportuno segnalare - sempre nell’ottica di una imminente possibilità di utilizzare estesamente i calcestruzzi ad alta resistenza - che il Ministero dei LL. PP. ha insediato una Commissione che ha il compito di definire i modelli di calcolo delle strutture realizzate con calcestruzzi ad alta resistenza da inserire in una delle prossime edizioni del decreto ministeriale attuattivo della legge 1086/71. Quindi, è lecito sognare in Italia un prossimo futuro con strutture in calcestruzzo
high-tech.