VENEZIA — L'idea è semplice: far rigonfiare il sottosuolo di Venezia per sollevare la città e difenderla dall'acqua alta. Come? Utilizzando proprio l'acqua di mare e iniettandola a 700 metri di profondità. Risultato: in dieci anni si otterrebbe un innalzamento di 30 centimetri. Non un'alternativa al Mose, il sistema di paratoie mobili in fase di realizzazione, visto che per le acque più alte non bastano certo quei trenta centimetri in più, ma un intervento complementare, che garantirebbe la città dalle alte maree più contenute e che metterebbe maggiormente a riparo Venezia nell'ipotizzato innalzamento del livello del mare in futuro.
A ideare e coordinare il progetto, presentato a tutti gli enti che operano per la salvaguardia della città lagunare, è Giuseppe Gambolati, professore ordinario di Metodi numerici per l'ingegneria all'Università di Padova, che da più di trent'anni si occupa del fenomeno di abbassamento del suolo, a cui sono soggetti Venezia e l'Alto Adriatico. «Abbiamo ipotizzato di fare attorno alla città 12 buchi, profondi 700 metri, da distribuire lungo una circonferenza di 10 chilometri di diametro. Ogni buco ha, a sua volta, un diametro di 25-30 centimetri e serve a iniettare l'acqua in profondità, con una pompa». L'acqua verrà presa in mare, dove è più pulita e, con un condotto, verrà portata ai singoli punti di immissione, dove è previsto un filtro. Dovrebbe prima subire un trattamento per evitare di inquinare quella salata presente in profondità, togliendo, nell'intento dei progettisti, qualsiasi preoccupazione di tipo ambientalista. «Attraverso un modello di simulazione, abbiamo calcolato di immettere 18 milioni di metri cubi d'acqua all'anno, non una quantità esageratamente grande, per 10 anni, 24 ore su 24, con un innalzamento atteso in questo lasso di tempo di 25-30 centimetri».
È dal 1972 che il professor Gambolati studia il sottosuolo dell'Alto Adriatico: «A 700 metri di profondità vi sono formazioni sabbiose sature al 100 per cento di acqua, che dunque si espanderanno se ne immetteremo ancora, generando un aumento di volume e l'innalzamento del suolo». La scelta della quota è dovuta al fatto che la formazione sabbiosa, spessa 150 metri, non perfettamente orizzontale e che va dai 550-600 ai 750 metri di profondità, è sovrastata da uno strato di argilla di circa 20-25 metri, impermeabile, che quindi non fa disperdere l'acqua. Inoltre questo strato contiene acqua salata e non acqua dolce, che rischierebbe di essere inquinata.
«I costi sarebbero al massimo di 100 milioni di euro. Escludo nel modo più assoluto — rassicura Gambolati — danni alle costruzioni per questo sollevamento. Il centro storico di Venezia si è abbassato di 13 centimetri rispetto all'inizio del 1900, in modo tutt'altro che uniforme, ma non è successo assolutamente nulla». Ora è stato presentato anche un progetto pilota (del costo di 15 milioni di euro) per verificare le ipotesi del modello su un chilometro quadrato (potrebbe essere un'isola o un tratto di terraferma ai bordi della laguna) per vedere come si solleva il terreno in 3 anni. «Ci sono strumenti come il Gps o l'interferometria satellitare che danno misure accuratissime. Ma, ripeto — sottolinea il professore —, questa è un'idea compatibile con la costruzione del Mose, che lo rafforza, e non alternativa».
Di tutt'altra opinione Michele Jamiolkowski, ordinario di Ingegneria geotecnica al Politecnico di Torino, esperto di laguna veneta, che è stato anche presidente del comitato che ha stabilizzato la Torre di Pisa e ha espresso un parere sull'immissione di acqua per il consorzio Corila di Venezia. «È un'idea fantascientifica. Non pongo limiti alla ricerca, ma è troppo difficile, lungo e costoso accertare come sia il sottosuolo di Venezia a quella profondità. Ed è ancora più difficile che la successione degli strati possa consentire operazioni di questo tipo. Ci sarebbe inoltre il pericolo che il sollevamento (che ha una meccanica completamente diversa dall'affondamento) non sia uniforme, arrecando un danno permanente a tutto il costruito». D'altra parte al Consorzio Venezia Nuova fanno rilevare che il Mose è studiato per sopportare scenari futuri con un innalzamento del livello medio del mare fino a 60 centimetri e che le paratie possono sopportare fino a due metri di dislivello tra la superficie del mare e quella della laguna. Intanto però il sindaco di Venezia Massimo Cacciari lo ha detto chiaramente: «Bisogna riprendere con forza il tema dell'innalzamento della città e so che oggi esistono tecnologie per farlo».