Anonymous Scrive "“Se t’avvien di trattar delle acque consulta prima l’esperienza e poi la ragione”.
Con questa regola Leonardo Da Vinci aveva, seicento anni or sono, già previsto ciò che sarebbe in seguito accaduto e che si sta verificando anche ai nostri giorni : il vero e proprio capovolgimento dei concetti essendo l’acquedotto moderno basato soprattutto sulla teoria mentre viene trascurato l’elemento primario e cioè la sua pratica di esercizio. Una valida conferma la si evince dalla cosiddetta “distrettualizzazione” attualmente tenuta in grande considerazione ma con la grave pecca di sottovalutarne gli inconvenienti.
Partendo da questo inizio, il percorso per arrivare alla conclusione generale preconizzata da Leonardo è assai breve, come sarà di seguito dimostrato.
E’
ben noto come la letteratura tecnica italiana ed anche le disposizioni di leggi
(vedasi ad esempio il DMn. 99 del 08.01.1999) considerino la
distrettualizzazione come un rimedio da adottare obbligatoriamente tutte le
volte che le perdite occulte di un acquedotto superano la percentuale del 20%
del volume d’acqua immesso in rete. Se si tiene presente che la perdita media
effettiva degli acquedotti italiani supera ufficialmente il 40% ma che, se si
considerasse anche la pessima situazione dei sistemi normalmente usati per la
sua determinazione, ci si accorgerebbe che l'ammontare effettivo di perdita può
invece superare tranquillamente la percentuale del 50% e che la
distrettualizzazione, in teoria, dovrebbe essere universalmente adottata.
Si vuole invece dimostrare come si tratti di
un’operazione assolutamente improponibile per alcune motivazioni obbiettive che
saranno qui di seguito sinteticamente indicate e alle quali deve ora
aggiungersi un avvenimento che, ad avviso di chi scrive, fornisce la
dimostrazione tombale della opportunità di eliminare la distrettualizzazione
stessa da tutti i programmi di sistemazione delle reti acquedottistiche.
Ovviamente
quello di cui si parla é il provvedimento che comporta la suddivisione della
rete in tante sottoreti elementari (i distretti) ognuno dei quali può essere
agevolmente tenuto sotto controllo conoscendone in dettaglio le caratteristiche
di funzionamento. Invece la distrettualizzazione virtuale non rientra nella
presente nota ma fa parte della modellizzazione eseguita a tavolino, pur se
preceduta da specifiche misure sopralluogo,
come tale non provoca alcuno dei citati danni alla rete e pertanto può
eseguirsi tranquillamente.
Bisogna
innanzitutto rilevare come il magliaggio e la diffusa interconnessione
generalizzata delle tubazioni stradali che caratterizzano la quasi totalità
degli acquedotti, rappresentino una delle più eclatanti e vantaggiose conquiste
della moderna acquedottistica. Di seguito alcuni importanti vantaggi che ne
derivano e che per buona parte sarebbero gravemente menomati qualora si
adottasse diffusamente la distrettualizzazione in parola:
-
un trasporto anche a lunga distanza di grandi volumi d'acqua con perdite di
carico molto contenute e quindi con notevoli economie di esercizio soprattutto
negli acquedotti a sollevamento meccanico;
-
una notevole regolarizzazione della pressione della rete in grado di tollerare
improvvisi e rilevanti variazioni nel prelievo dell'utenza, senza risentirne
che in minima parte;
-
possibilità di chiudere per lavori alcune condotte di rete senza che la parte
rimanente abbia a risentirne minimamente;
-
possibilità di realizzare reti molto ampie, complesse ed anche munite di
molteplici e differenziati impianti di produzione e di accumulo dell’acqua
comunque ubicati in lungo ed in largo nel territorio servito.
Tutto
ciò porta a concludere che non è assolutamente plausibile che, sia pur per
effettuare un’azione molto importante come la regolazione della pressione,
venga a priori deciso di rinunciare a detti notevoli vantaggi ma che siano
invece da adottare metodologie diverse che consentano in maniera del tutto
analoga di verificare il funzionamento reale e continuativo della rete,
provvedere alla progettazione degli interventi ed a realizzarli onde
raggiungere lo stesso scopo senza provocare danno alcuno alla rete ma anzi
migliorandone il funzionamento.
In
questa sede non ci si dilunga nella spiegazione della metodologia da applicare
razionalmente per raggiungere lo scopo (essi,se necessario possono essere noti
consultanto il sito http://altratecnica.it
oppure leggendo
il libro ebook “Acquedotti – realtà e futuro”). Ci si limita ad affermare che
si tratta di interventi sicuramente fattibili utilizzando la moderna tecnologia
di verifica idraulica della rete sia prima che dopo l’esecuzione delle opere e
naturalmente mettendo a disposizione tutti i mezzi necessari per la loro
realizzazione.
La novità su cui si desidera porre l'attenzione
è il convegno “THE WORLD’S PREMIER GLOBAL SUMMIT FOR HELPING WATER UTILITIES
DEVELOP FASTER AND MORE EFFICIENT LEAKAGE MANAGEMENT SYSTEMS,12th-13th March,
2013, Thistle Marble Arch, London, UK”.
Scorrendone
il programma dettagliato si nota come i numerosi interventi di eminenti
personalità e specialisti di acquedottistica provenienti da ogni parte del
mondo, riguardino proprio il miglioramento del funzionamento delle reti di
distribuzione dell’acqua potabile tramite le metodologie più moderne ed
avanzate volte alla determinazione e alla riduzione delle perdite, alla
regolarizzazione della pressione ecc. ecc. ma
come nessuno degli eminenti studiosi comprenda tra le metodologie in
programma la “distrettualizzazione” di cui sopra. L’interrogativo sorge
spontaneo: ma è possibile che, vista l’ampia gamma di proposte tese al
raggiungimento degli stessi risultati che si otterrebbero con la
distrettualizzazione, nessuno degli autorevoli relatori ne parli minimamente? La ragione và
sicuramente ascritta al fatto che si tratta di una tecnica che, come affermato,
produce più danni che benefici e che pertanto deve essere assolutamente radiata
da ogni serio programma di gestione acquedottistica.
La
conclusione finale cui si perviene induce ad allargare il campo di esame della
situazione reale degli acquedotti italiani pervenendo alle seguenti
considerazioni.
La letteratura tecnica si profonde in interessanti
studi sulle modalità di classificazione dell'efficienza degli acquedotti basate
sugli indici codificati internazionalmente, sulla ricerca e riduzione delle
perdite, sul calcolo e la verifica del funzionamento idraulico secondo i più
aggiornati ritrovati teorici e pratici ecc ecc. In pratica si tratta di un'ampissima
gamma di elementi relativi alla progettazione e alla gestione degli acquedotti
che ne curano pedissequamente i dettagli con le teorie più sofisticate. Allo stesso tempo balzano agli occhi gravi
errori nella costituzione di base degli impianti idropotabili, errori tra i
quali la distrettualizzazione che forma l’oggetto della presente nota, non
costituisce che un esempio minore. Pur riconoscendo la validità delle ricerche
e dei notevolissimi progressi ottenuti in campo teorico dai quali non possono
che derivare importanti miglioramenti, bisogna preventivamente tenere in debito
conto le numerose deficienze della pratica di esercizio nonché le correzioni da
apportare. Gli esempi sarebbero molti ma in questa sede ci si limita a citarne
solo due: l’alimentazione a pressione variabile delle reti resa necessaria per
la diminuzione delle perdite e per l’economia di esercizio, un diverso uso
degli impianti di telecontrollo e telecomando che non devono limitarsi alla
sola automatizzazione dei vari servizi ma ne devono invece provocare una vera
rivoluzione nella costituzione di base delle reti tesa a sfruttare in pieno le
enormi possibilità che derivano dalla utilizzazione del telecontrollo e
telecomando stessi . Per la conoscenza di molti altri esempi si rimanda al sito
http://altratecnica.it oppure
al testo ebook ”Acquedotti – realtà e futuro” dove se ne fa una descrizione
dettagliata e vengono proposte anche delle valide risoluzioni. Ciò che si ribadisce
riguarda gli interventi da fare urgentemente e che concernono non già la teoria
e i grandi progressi che da essa possono derivare bensì la parte pratica appena
citata: una volta effettuata la reale rivoluzione del sistema e solo
posteriormente ad essa si potrà passare ad una applicazione diffusa delle
soluzioni sofisticate che il progresso della teoria consente ma che, se
applicato agli impianti acquedottistici italiani nella loro precaria costituzione
attuale, non può che offrire modesti miglioramenti quando invece non sia causa
del rifiuto o del procrastinare nel tempo la rivoluzione di base che come si è
detto risulta necessaria ed urgente.
Marcello Meneghin
http://altratecnica.it
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